Kroll, azienda di consulenza in gestione del rischio ha stilato una classifica sulle forme delle frodi e rilevato che, per la prima volta, quelle informatiche hanno superato quelle perpetrate nel mondo reale.
La gestione del rischio è lo studio economico con cui si misura il rischio di un investimenti e i dati sono stati raccolti presso oltre 800 dirigenti sparsi per il mondo che hanno riferito dei casi in cui le proprie aziende sono state coinvolte in frodi: il quadro delineato mostra in realtà un testa a testa, con le frodi digitali che coprono il 27,3 per cento dei casi, contro il 27,2 per cento delle frodi fisiche. L’anno scorso, invece, totalizzavano rispettivamente un 18 e un 28 per cento.
Il dato, spiega Richard Plansky di Kroll, “riflette il cambiamento avvenuto nell’economia. I valori di un’azienda sono sempre più intangibili. Si fanno meno prodotti e più idee”.
Nonostante l’incremento sostanziale del pericolo, tuttavia, solo nel 48 per cento dei casi le aziende stanno programmando di spendere di più in sistemi informatici di sicurezza. Spesso, d’altronde, la paura si concentra più verso il nemico interno: una talpa , insomma, che scardinerebbe le difese dall’interno.
I danni subiti dalle aziende nei restanti casi fanno riferimento (al terzo e quarto posto in questo speciale classifica) a conflitti di interesse nel management o in frodi perpetrate da fornitori. Curioso, poi, che il furto di proprietà intellettuale (dalla pirateria alla contraffazione) è chiamato in causa solo nel 10 per cento dei casi, in penultima posizione a pari merito con la corruzione e le tangenti.
In totale, in dodici mesi, la frode in generale è costata alle aziende 1,7 milioni per ogni miliardo di dollari di fatturato. Un più 20 per cento rispetto ai dati relativi al 2009.
Kroll si concentra poi specificatamente nei rischi connaturati all’investimento in paesi stranieri, dove domina la Cina (in cui, nel 98 per cento dei casi le aziende coinvolte hanno subito qualche tipo di frode): anche in quest’ottica il furto di informazioni via digitale rappresenta il secondo maggior rischio, subito dopo la corruzione.
Claudio Tamburrino