La fase di studio dovrebbe durare circa due mesi, prima che la Federal Trade Commission (FTC) statunitense si pronunci su quello che è già stato descritto come il caso Flash . Un grattacapo in più per il chairman Jon Leibowitz, che all’inizio del mese aveva annunciato la sua mossa contro il tracciamento delle attività online attraverso cookie e altri brandelli di informazioni di navigazione sbriciolate dagli utenti.
Il caso Flash pare rappresentare una sfida delicata per FTC, alle prese con cookie più resistenti come quelli dispensati dal player di Adobe. Biscottini dalla scorza dura, che già avevano messo in allarme la comunità degli attivisti che si battono per la privacy dei netizen. In sostanza, i pacchetti d’informazione relativa alla navigazione avrebbero mostrato un livello di resistenza maggiore se sottoposti ai tradizionali tentativi d’eliminazione da parte dei meccanismi standard a protezione dei dati personali.
La commissione guidata dal chairman Leibowitz dovrà ora analizzare l’attuale status dei cookie Flash, generalmente diversi da quelli HTTP perché non possono essere controllati dagli utenti attraverso le varie opzioni sulla privacy dei browser . Una tecnologia della società di rilevazione dati Quantcast era recentemente finita nel mirino di una class action per aver permesso la creazione di particolari cookie con Adobe Flash, in modo da far tornare in vita quei più tradizionali browser cookie già eliminati dagli utenti.
Un portavoce di Adobe ha tuttavia negato la stessa esistenza di un caso Flash. I local shared objects non sarebbero mai stati concepiti per il tracciamento online , attività condannata dalla stessa azienda perché contraria alla facoltà di scegliere da parte degli utenti. Si è poi parlato della nuova versione di Flash Player, più attenta alla privacy e meglio integrata nei singoli browser. Allo stato attuale, il browser Google Chrome sembra l’unico capace di rimuovere i tanto indigesti biscottini.
Mauro Vecchio