Roma – Piero Vannini ha 66 anni, vive in un attico in un paesino vicino Firenze, e ha una Adsl flat rate. Gratuita, da ottobre, grazie al Wi-Fi. È infatti uno dei primi utenti che hanno aderito all’offerta Adsl Flat Free di No Cable . “Ce ne sono altri cinquanta come lui. L’offerta ha avuto un successo imprevisto, abbiamo dovuto distribuire tutti gli Access Point che avevamo. Ma ne abbiamo ordinati altri e continueremo così”, dice Marco Caldarazzo, amministratore delegato di No Cable . Ma quanto e come funziona questo sistema per avere l’Adsl gratis? Per scoprirlo, Punto Informatico è andato a intervistare Piero Vannini.
Ci spiega che ora, dopo qualche difficoltà iniziale, il servizio funziona bene e sta facendo risparmiare non solo lui ma anche tre altre persone del paese. “Uno è mio fratello, gli altri due sono amici che conosco dall’infanzia. E in effetti non ti nascondo che li ho convinti ad aderire all’offerta proprio perché si fidavano molto di me”, dice Vannini. L’originalità dell’offerta potrebbe infatti “destare qualche diffidenza”: si tratta di trasformare la propria casa, dotata di accesso Adsl flat rate, in un hot spot pubblico Wi-Fi e convincere almeno altri tre utenti nelle vicinanze a usarlo per connettersi a Internet.
Quell’hot spot diventa poi accessibile da altri utenti di No Cable, come se fosse in un aeroporto o in un hotel.
Vantaggi: No Cable rimborsa il canone dell’Adsl all’utente con l’hot spot. Gli amici che vi si connettono devono pagare 18 euro al mese a No Cable. Per ogni utente iscritto, dopo il terzo, all’utente-operatore vanno 1,8 euro al mese. Tutti gli utenti dell’offerta Adsl Free hanno inoltre libero accesso agli hot spot No Cable (200 in Italia e circa 6.000 nel mondo, grazie ad accordi di roaming).
Svantaggi: la banda Adsl è così di fatto condivisa, quindi se due o più utenti dell’hot spot casalingo stanno scaricando nello stesso momento, la velocità cala di conseguenza.
“Ma non mi sono mai trovato in questa situazione, perché mio fratello e i due miei amici si connettono molto poco a Internet e in orari diversi”, dice Vannini. Non solo: “Mio fratello è spesso in viaggio, a casa non ha una rete fissa; e proprio per non doverla mettere e pagarne il canone di Telecom Italia, ha scelto di usare la mia Adsl”. In situazioni come questa, può convenire quindi pagare 18 euro al mese per un’Adsl flat rate condivisa. Del resto, in Italia è il solo modo per averla a prezzi “francesi” .
A spingere Vannini e i suoi amici verso l’Adsl condivisa ci sono state poi le caratteristiche tipiche di un piccolo paese tra le montagne: “Da noi le linee dial-up non funzionano bene e nemmeno il telefono: ci sono spesso disconnessioni. Al contrario, il Wi-Fi è congeniale, visto che nel raggio delle sue onde radio riusciamo a coprire tutto il borgo”.
Ma la complessità dell’offerta non potrebbe scoraggiare gli utenti? Non il signor Vannini, che certo nella sua vita non è mai stato un tecnico informatico. Ex imprenditore e commerciante, alle nuove tecnologie si è aperto di recente, spostando online la propria attività di vendita. “Internet mi serve soprattutto per informarmi sui temi che mi sono cari e per passare il tempo”, spiega. Si è avvicinato quindi all’offerta di No Cable come un utente comune, “chiedendo di provarla per 15 giorni: non ero affatto sicuro che avrebbe funzionato”. No Cable ha inviato l’hardware e il software necessario, in prova gratuita; “Avevo già una rete Wi-Fi in casa, per mia comodità. Mi hanno però mandato un loro Access Point già configurato per fare parte della rete di No Cable e per adattarsi al mio router”. L’hot spot ha funzionato da subito.
“Il servizio o funziona perfettamente, com’è stato nel 95 per cento dei casi, o non funziona del tutto”, spiega Caldarazzo. “Abbiamo avuto qualche problema solo con vecchi router Cisco, ma niente che non abbiamo poi risolto. Ci accorgiamo però dei tentativi di connessione andati a vuoto e in quel caso contattiamo l’utente”. In realtà uno degli amici di Vannini ha avuto difficoltà a connettersi: “Le finestre del mio attico facevano da specchio per le onde radio, che così non riuscivano a raggiungere l’altra abitazione. Ho chiamato allora No Cable che mi ha consigliato di spostare più in alto l’Access Point. E presto me ne invierà uno impermeabile, da mettere all’esterno, per evitare ogni rifrazione”.
Come si connettono gli amici del signor Vannini? “Con il software di No Cable hanno configurato la scheda di rete e l’accesso a Internet. Aprono il browser e, prima di connettersi, appare una pagina di log in a No Cable: la stessa che c’è sui computer dei nostri hot spot pubblici”, dice Caldarazzo. L’autenticazione è tramite l’account dato da No Cable; “ma dal primo gennaio sarà soltanto con numero di cellulare e il nostro servizio payment via mobile , attivato su tutti i nostri hot spot”. Appena l’utente inserisce il numero sulla pagina di log in, gli arriva una telefonata automatica che gli dice di premere il tasto 1 sul cellulare. Così facendo, viene aperto l’accesso a Internet: un processo che dura 25 secondi e che dovrà essere seguito anche dagli utenti degli hot spot pubblici casalinghi. Altre soluzioni, come il riconoscimento automatico dell’utente tramite mac address della scheda Wi-Fi, “potrebbe dare problemi di sicurezza. Queste schede possono essere clonate”.
Nessun rischio, invece, che all’hot spot casalingo possano collegarsi utenti non autorizzati: “Vi montiamo un firewall su sistema Linux. È la norma per gli hot spot pubblici, che non possono avere una crittazione Wep, usata invece nelle reti private aziendali”. E non c’è pericolo che l’hot spot casalingo diventi meta di troppi utenti di passaggio, abbonati a No Cable, e che la velocità di connessione ne sia penalizzata? “Magari fosse così, significherebbe che è diventato un hot spot profittevole a tutti gli effetti. L’utente diventerebbe un nostro partner e gli installeremmo a casa, a spese nostre, una connessione almeno a 2 Mbps, Adsl o satellitare bidirezionale”, dice Caldarazzo. Il vantaggio per l’utente è anche economico: prende il 10 per cento di quanto speso dai passanti che si connettono all’hot spot. Per adesso però la possibilità di grandi afflussi di utenti è piuttosto remota: “Nei nostri hot spot più popolari ci sono state al massimo sette connessioni contemporanee”.
In questo quadro di idilliaca innovazione c’è soltanto una nota stonata: condividere l’Adsl con il Wi-Fi è legale? C’è da dire che molti dei principali operatori vietano per contratto di condividere l’Adsl che viene fornita ai clienti; sarebbero quindi illegittime anche le reti locali casalinghe, in quel caso.
“Ma un operatore dovrebbe controllare, con l’aiuto della polizia, la presenza di reti locali ed eventualmente disdire il contratto. Non gli converrebbe”, dice Caldarazzo. Per il resto, l’offerta di No Cable ricade nella regolamentazione degli hot spot pubblici.
“La casa dell’utente è equiparata a un bar. L’accesso all’hot spot è pubblico, per tutti i nostri utenti, nelle strade vicine alla casa, dove arrivano le onde radio. Siamo noi a occuparci di segnalare l’hot spot al Ministero e a tracciare le connessioni, come richiesto dalla normativa”. L’utente fa quindi da hot spot tramite No Cable, che ha l’autorizzazione per offrire il servizio.
Il decreto Wi-Fi, di maggio 2003, chiede che l’hot spot sia in locali aperti al pubblico o aree confinate a frequentazione pubblica e che la banda sia fornita con un collegamento a una rete fissa. “Non che la banda dell’hot spot debba essere per forza la nostra o di un operatore da cui la acquistiamo all’ingrosso”, dice Caldarazzo. “Ma siamo anche disposti a portare nelle case una connessione che acquistiamo all’ingrosso, se ce lo dovessero imporre, per continuare con la nostra offerta”.
Diverso è il caso del Wi-Fi su ultimo miglio , per il quale alcune frequenze ancora attendono di essere liberalizzate: a differenza degli hot spot pubblici, in quel caso le onde radio servono a portare nelle case o nelle aziende una connessione banda larga. “Noi invece ci appoggiamo a una Adsl già installata: non c’è nessuna legge che ce lo impedisca. All’operatore Adsl paghiamo la connessione, tramite l’utente. Nessuna parte è lesa”. Caldarazzo insomma si dice tranquillo, anche se riconosce di avere previsto che l’offerta avrebbe potuto sollevare polemiche. “Per questo motivo abbiamo aspettato per lanciarla: l’idea c’era venuta nel 2002. Era il nostro asso nella manica per scuotere il mercato Wi-Fi, introducendo un concetto che è alla base stessa di Internet e che gli operatori italiani faticano a digerire: la condivisione della banda”.
Punto Informatico ha chiesto la settimana scorsa chiarimenti al Garante, riguardo alla liceità dell’offerta di No Cable, ma non è giunta ancora alcuna risposta.