Il cervello dei giocatori gira in modo molto diverso a seconda che l’avversario presunto sia un altro essere umano oppure una macchina. E l’effetto è più marcato quando a giocare sono gli uomini. Sono questi i risultati principali dello studio sperimentale recentemente pubblicato da un’équipe di neuroscienziati.
Alla base della ricerca , spiega ArsTechnica , vi è un corpus di dati relativo all’attività neurale della corteccia prefrontale, raccolto dagli studiosi in un setting sperimentale di laboratorio.
In particolare a ciascuno dei 24 membri del campione (metà uomini e metà donne) veniva chiesto di giocare individualmente una versione semplificata del gioco economico detto dilemma del prigioniero . L’avversario con cui i giocatori si misuravano era sempre un computer, ma in metà dei test veniva spiegato al soggetto sperimentale che “dall’altra parte” c’era un altro essere umano.
E i risultati sono significativi. Nei casi in cui erano convinti (surrettiziamente) di stare giocando contro persone in carne ed ossa, infatti, i membri del campione esibivano un grado di attivazione dell’area neurale prefrontale apprezzabilmente superiore a quella impiegata confrontandosi con una CPU. E, seconda evidenza rilevante, nel caso degli uomini tale tendenza era anche più marcata.
È a partire da qui che gli autori dello studio, e poi con loro anche i media , associano il diverso modo di funzionamento del cervello alla motivazione dei gamer, parlando di livello diversi di coinvolgimento nei casi in cui i giocatori vengono confrontati con avversari umani.
Sarà vero? Permangono i dubbi in proposito, evidenziando come i dati empirici prodotti (in sé validi) siano passibili anche di interpretazioni diverse, e come di conseguenza sarebbe opportuna una maggiore cautela nella lettura dei dati. Una raccomandazione, peraltro, soggiunta anche da altri osservatori del mondo videoludico.
Giovanni Arata