I videogiochi finiscono ancora una volta all’attenzione del Parlamento italiano e ancora una volta vengono messi sotto accusa, almeno dalla parlamentare di Alleanza Nazionale Maria Ida Germontani che ha ottenuto una risposta dal Governo su una propria interrogazione. In quella sede, chiedeva “un intervento deciso che miri a vietare contenuti devianti tesi ad esaltare in un pubblico indifeso come quello dei minori la violenza e l’odio e che invece sarebbero necessarie iniziative didattiche in difesa del diritto a crescere senza condizionamenti”.
Secondo Maria Chiara Acciarini , sottosegretario per le politiche per la famiglia, il punto non è vietare . Anzi, a detta del rappresentante del Governo, è di fatto impossibile interdire la vendita o la diffusione tra i giovani italiani di certi videogiochi.
Acciarini, nel rispondere all’interrogazione, ha posto l’accento su due punti fondamentali, da un lato l’esistenza dell’ormai notissimo sistema di classificazione europeo PEGI adottato dalla stragrande maggioranza dei produttori (spesso costretti ad adottarlo dai costruttori di console), dall’altro sull’esigenza che siano gli adulti a valorizzare il ruolo positivo dei giochi . Da sensibilizzare, semmai, è dunque la famiglia, il luogo dove ci si intrattiene in attività videoludiche, ma anche il consesso sociale che più di ogni altro consente al giovane videogiocatore di disporre di un contesto sano per la fruizione di questo tipo di giochi.
Secondo Acciarini, le cui parole sembrano segnare una demarcazione netta rispetto a precedenti prese di posizione di esponenti di questo Governo, molti sono i benefici dei videogiochi. Ciò detto, “accanto a queste funzioni positive, alcuni videogiochi hanno caratteristiche effettivamente diseducative: possono incitare a modelli comportamentali aggressivi, diminuire le capacità di cooperazione, favorendo le condotte solitarie, trasmettere scene ed immagini volgari, violente ed orrorifiche”.
Ma anche questo, secondo il sottosegretario, non va rigettato in toto . “Alcuni messaggi sono nocivi in sé (il linguaggio volgare, ad esempio, se rivolto a personalità in fase di crescita) – ha dichiarato rispondendo all’interrogazione – mentre altri aspetti (la violenza, ad esempio) acquistano significati diversi per il delicato rapporto tra realtà e fantasia che, negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, costituisce un aspetto decisivo della personalità”. Il messaggio, secondo Acciarini, è che “se c’è un adulto accanto, i videogiochi non sono diseducativi”. E in questo senso sono in corso diversi progetti pensati da un lato per stimolare il controllo parentale sulle attività videoludiche, e dall’altro per far conoscere il senso della classificazione europea dei giochi.
Proprio a questo proposito, Acciarini ha ricordato come il controllo si basi sull’autovalutazione del produttore del videogioco e sull’analisi del PEGI, che sfocia nell’indicazione di una classificazione di accesso ai videogiochi suddivisa in cinque fasce di età e sei descrittori di contenuto (violenza, linguaggio volgare, paura, contenuto sessuale, droga, discriminazione).
Questa posizione del Governo non ha però convinto l’esponente di Alleanza Nazionale. A detta di Germontani, infatti, il PEGI e i codici di autoregolamentazione oggi attivi sono insufficienti “soprattutto perché non si prevedono sanzioni effettive e realmente dissuasive a carico dei produttori che, ad esempio, mettono in commercio videogiochi con indicazioni di fasce di età non corrispondenti a quelle che potrebbero usufruirne”.
Quei pericolosi massive multiplayer games
Germontani, che chiede più attenzione del Governo sull’argomento e l’intervento del Parlamento, sostiene che “dagli Stati Uniti sta arrivando anche un altro fenomeno preoccupante, mai adeguatamente studiato: mi riferisco ai massively , giochi in cui è possibile crearsi una vita alternativa virtuale in modi fantastici, che migliaia di minori vivono quotidianamente, per intere porzioni della giornata, con dirompenti effetti sulla loro crescita morale e fisica”.
Per far fronte allo scenario che ha dipinto, Germontani sottolinea l’importanza della famiglia, ricordando che “lo stesso Bill Gates” ha imposto “alla figlia di dieci anni il divieto di passare più di tre quarti d’ora al giorno davanti al video gioco. Evidentemente, ciò dovrebbe farci riflettere”.
Germontani fa anche riferimento ad uno studio dell’Università di Udine secondo cui “di 1.212 bambini l’80 per cento tra gli otto e gli undici anni possiede videogiochi e un ragazzo su quattro ci gioca tre ore al giorno: si tratta di ore che per il 50 per cento dei ragazzi sono trascorse in assoluta solitudine”.
Va detto che la posizione di Germontani ricorda da vicino quella di numerosi parlamentari europei che nelle scorse settimane hanno chiesto che l’Unione Europea vieti la commercializzazione e diffusione in Europa del controverso videogame Rule of Rose .