L’agenzia statunitense National Institutes of Health ha concesso a General Electric una sovvenzione da impiegare per portare avanti un progetto alquanto particolare: mira a integrare negli smartphone un sensore in grado di individuare la presenza di nanoparticelle come quelle che identificano il virus responsabile di COVID-19.
Così gli smartphone riconosceranno SARS-CoV-2
Secondo gli autori dell’iniziativa, la tecnologia fa leva sugli stessi principi alla base delle apparecchiature presenti nei laboratorio. Non si tratta ad ogni modo di un sistema che troverà applicazione pratica su larga scala entro breve. La prossima fase prevede sperimentazioni e perfezionamenti per almeno due anni. Un lasso di tempo, speriamo, sufficiente per debellare la piaga di SARS-CoV-2 puntando anzitutto sull’arma dei vaccini. Queste le parole del ricercatore Radislav Potyrailo.
Una delle prime linee di difesa contro ogni virus è quella che consiste nell’evitare l’esposizione, ma è più facile a dirsi che a farsi se non li possiamo vedere. Attraverso questo progetto stiamo sviluppando un sensore abbastanza piccolo da poter essere integrato in un dispositivo mobile e provvedere all’identificazione del virus di COVID-19.
Il funzionamento è quello riassunto nell’immagine qui sopra e prevede l’impiego di bio-recettori. Nei prossimi due anni di sperimentazione il team responsabile sarà chiamato a certificarne l’affidabilità e definire un metodo per rendere il sistema largamente accessibile. Prosegue Potyrailo.
Tutti veniamo in contatto con molte superfici ogni giorno, dagli schermi dei computer ai tavoli delle riunioni, fino ai chioschi negli aeroporti e ovviamente le carte di credito nei negozi. Nonostante tutti si impegnino a pulirle, vogliamo aggiungere un ulteriore livello di sicurezza offrendo la possibilità di individuare la presenza del virus.
Una tecnologia di questo tipo potrebbe essere collocata su dispositivi di ogni tipo, anche differenti dagli smartphone: smartwatch, lettori di impronte digitali, tastiere e così via.