Una donna aveva fatto causa a 123people per aver mostrato una sua foto sulle sue pagine. Imputata era la versione .de del sito, che aveva tra l’altro recentemente cambiato proprietario.
Il sito scandaglia la Rete alla ricerca di informazioni di persone: foto, articoli, siti, profili sui social network con materiale pubblicamente accessibile. Tutto quello che è riconducibile ad un dato nominativo viene raccolto.
La Corte ha assolto il servizio sulla base del principio del non immagazzinamento (né permanente né temporaneo) dei dati raccolti al momento della ricerca e di una precedente sentenza tedesca che stabiliva la liceità delle anteprime offerte da Google nella sua ricerca, anche nel caso in cui mostrano opere protette da proprietà intellettuale.
È importante rilevare che questa sentenza conferma, per il momento e in Germania, la liceità dei “motori di ricerca di persone”, che appaiono ricadere tuttora in un’ area grigia del diritto. Contribuisce, in questo modo, anche a definire in linea generale quali dati possono o meno essere presi in considerazione dai motori di ricerca : questione al centro di altri casi, sia negli States che in Svezia .
Claudio Tamburrino