Quando la trasparenza non è garantita, quando il consumatore rischia di lasciarsi confondere da bundle che veicolano software non desiderato, all’antivirus è concesso entrare in azione per prevenire download inattesi: gli installer devono garantire trasparenza al consumatore, ha stabilito la giustizia tedesca.
La security company Avira era stata chiamata in causa da Freemium.com, che mette a disposizione un installer utile a monetizzare prodotti software aggregandoli ad altri prodotti software che paghino per la visibilità, siano essi trial gratuiti, toolbar, adware. L’antivirus, riscontrando il meccanismo delle scatole cinesi sfruttato per i bundle veicolati dall’installer, e giudicandolo poco trasparente nei confronti degli utenti, lo bolla come PUA, Potentially Unwanted Application .
Freemium, per questo motivo, aveva lamentato come i prodotti antivirus dell’azienda tedesca contribuissero a far diffidare i netizen dall’installer, fino a quel momento sfruttato da siti e media company autorevoli: a partire dal mese di febbraio, il comportamento di Avira avrebbe provocato una contrazione del 50 per cento del giro d’affari dell’azienza, configurandosi così come responsabile di un comportamento anticompetitivo da arginare tempestivamente, da punire con un risarcimento e con il carcere per i vertici della dirigenza.
Avira, dal canto suo, aveva spiegato al tribunale come i pacchetti di software veicolati dall’installer siano poco chiaramente distinti dall’applicazione principale di cui l’utente intende eseguire il download, e come altrettanto poco chiaramente siano messe a disposizione le condizioni d’uso e le opzioni per scremare le componenti indesiderate del pacchetto confezionato da Freemium.
Il tribunale di Berlino ha scelto di dare ragione ad Avira: nel momento in cui il pacchetto di software viene proposto senza le opportune opzioni a favore della selezione da parte dell’utente, all’antivirus è permesso di agire per bloccare i download.
La security company, che si dice favorevole a modelli di business alimentati dall’advertising e dai meccanismi di parziale gratuità per incoraggiare agli acquisti, a patto che non ingannino il consumatore, ha definito la decisione del tribunale come un importante precedente a supporto della trasparenza che gli antivirus si fanno carico di difendere.
Gaia Bottà