Lo scontro tra la collecting società tedesca GEMA e YouTube si consuma da anni, anni in cui la piattaforma di video sharing ha progressivamente perso i caratteri di contenitore disordinato ed è evoluta in un punto di riferimento per la musica online, costituendo un servizio a sé espressamente dedicato alla fruizione di musica. Dopo anni di scontri, quando YouTube si presenta a tutti gli effetti come una vetrina per artisti ed etichette con un proprio modello di business, mentre GEMA non ha ancora accettato di farne parte, la giustizia tedesca ha decretato che la piattaforma di video sharing non si possa fare carico delle responsabilità delle violazioni eventualmente perpetrate dai propri utenti.
È dal 2009 che GEMA combatte con intransigenza a nome dei suoi 70mila associati: scaduto un primo contratto di licensing con cui YouTube ricompensava i detentori dei diritti, la collecting society chiedeva una rinegoziazione in base alla quale tutti i video rastrellati con il rodato sistema Content ID e afferenti ai propri artisti, caricati dagli utenti e caricati dai detentori dei diritti, venissero retribuiti con 0,375 centesimi di euro per ogni visualizzazione.
Nell’impossibilità di trovare un accordo, GEMA aveva sporto denuncia : a fronte di una decisione avversa a YouTube nel 2012, con la quale la giustizia tedesca gli imponeva di innescare un sistema di filtri che individuassero i caricamenti illegali delle opere tutelate da GEMA e ne prevenissero la pubblicazione, la piattaforma di sharing era ricorsa in appello . Nel frattempo, gli utenti tedeschi di YouTube sono stati privati delle opere afferenti agli artisti di GEMA.
YouTube ha ottenuto che il tribunale di Monaco riconoscesse il suo ruolo di semplice intermediario: collaborando alla rimozione su segnalazione, non è tenuta a pagare una licenza ai detentori dei diritti per ogni video caricato dai propri utenti, nonostante da questi video tragga profitto affiancandovi dell’advertising.
“YouTube non è semplicemente un fornitore di servizi che agisce dal punto di vista tecnico – ha lamentato Thomas Theune a nome di GEMA a seguito della decisione – ma si comporta come un servizio musicale. In quanto tale, deve ottenere delle licenze e non può scaricare la responsabilità sugli utenti che caricano i contenuti”. La collecting society, che ha combattuto per anni per dimostrare il contrario, potrà ricorrere in appello.
Gaia Bottà