È un mare sempre più burrascoso quello che circonda la Baia dei Pirati. L’azienda che si era proposta di acquistare e legalizzare il famoso tracker è ufficialmente in bancarotta : tutti i beni del CEO di Global Gaming Factory, Hans Pandeya, sono stati posti sotto sequestro per ordine di un tribunale svedese.
Da qualche tempo le difficoltà finanziarie dell’azienda svedese si stavano facendo sempre più evidenti : continui rinvii e sospensioni del titolo sui listini nazionali avevano posto seri dubbi sul completamento dell’acquisizione di TPB.
Adesso la verità sembra essere finalmente emersa: GGF non si è dimostrata quel soggetto solido descritto da Pandeya, il quale ha comunque dichiarato di voler ricorrere in appello e che l’acquisto della Baia si concluderà il 30 settembre. Non è dunque chiaro da quale sponsor proverranno i 5,5 milioni di euro promessi a luglio: al momento della dichiarazione di bancarotta il conto di GGF segnava un rosso di 130mila dollari e alcuni partner che avrebbero dovuto essere coinvolti nel progetto The Pay Bay avevano lamentato il mancato rispetto dei contratti da parte di Pandeya.
La battaglia legale di GGF fa il paio con quella che continua a sostenere la stessa Baia, nel cui caso è ancora una volta la trasparenza della corte a tenere banco. Due dei tre giudici incaricati di presiedere il processo di appello alla sentenza di aprile sarebbero, secondo i legali di TPB, membri di associazioni pro-copyright : un’ eventualità già verificatasi durante il primo grado di giudizio.
I giudici Ulrika Ihrfelt e Christina Boutz sono in effetti legate ad alcune lobby svedesi: proprio per questa ragione Ihrfelt era stata rimossa dall’incarico di indagare sui legami con associazioni simili intrattenute dal collega Tomas Norström, che aveva emesso la sentenza di primo grado. Allontanatasi definitivamente la possibilità di ripulirsi la fedina penale, per la Baia ormai sembrerebbe non esserci via di scampo: il fuoco incrociato della legge colpisce senza sosta sotto la linea di galleggiamento e il mancato intervento di GGF potrebbe rivelarsi fatale.
Giorgio Pontico