Tokyo – Quando organizzazioni come MPAA descrivono il P2P, ne parlano come un fenomeno sotto controllo che tende a restringersi. Questo non è però il caso della Recording Industry Association of Japan , omologa della RIAA americana che, contravvenendo alla regola non scritta di dichiarare sempre e comunque vittoria nei confronti dei pirati, ha descritto un file sharing in rapida crescita.
Uno studio condotto dall’organizzazione nipponica sostiene che una grossa fetta della popolazione di internauti del Sol levante si dedica sempre più allo scambio illegale di file protetti. Rispetto al 2005, il rapporto segnala che il numero di utenti abituali del P2P è incrementato di circa 500mila unità, arrivando così a comprendere poco meno di 2 milioni di individui, il 3,5% dei navigatori totali.
Questo è, a tutti gli effetti, il segnale di una tendenza che sta lentamente facendo breccia tra i giapponesi e che ha provocato la reazione del governo, dal quale sono arrivati ammonimenti nei confronti di chi si avvale o incentiva la crescita della comunità di utenti P2P. Due anni fa fece scalpore il caso di Isamu Kaneko, l’ideatore del più diffuso programma di file sharing made in japan: Winny. Il programmatore è stato arrestato e processato dichiarandosi peraltro sempre innocente .
Se dalla sua parte Kaneko aveva di buono il fatto di non aver mai lucrato sul network da lui creato, lo stesso non si può dire per i gestori di The Pirate Bay , da qualche tempo nel mirino delle autorità svedesi e non solo . Il sito, tra i maggiori spazi web di riferimento per la comunità BitTorrent, era ed è tuttora molto vicino ad un partito politico che ha nei suoi propositi la legalizzazione del file sharing all’interno del paese scandinavo.
Ora, come riporta The Guardian , c’è chi leva critiche al fatto che i responsabili della baia dei pirati riescano a lucrare e non poco con le proprie attività, grazie in modo particolare alle pubblicità di vario tipo veicolate con i propri servizi. Critiche che non provengono evidentemente dalla comunità P2P ma che sembrano orchestrate ad arte per intaccare la reputazione che il sito si è guadagnato guerreggiando per la propria sopravvivenza.
Giorgio Pontico