Suscitano sempre più clamore ed interesse i progetti robotici del Sol Levante: CB2, l’ultimo tra le nuove leve, sta già facendo parlare di sé per il realismo con cui simula i gesti di un neonato, nonostante abbia dimensioni e peso di un bambino di 6 anni. Il robot è un concentrato di tecnologia, ma possiede un impressionante lato social: votato all’apprendimento, il drone è in grado di associare alle espressioni facciali del suo mentore diversi stati d’animo.
CB2, acronimo di Child-robot with Biomimetic Body è alto 130 centimetri, pesa ben 33 chilogrammi e nasconde, sotto la sua tutina grigia, una cinquantina di muscoli cibernetici mossi grazie all’ausilio di aria compressa, nonché 197 sensori di pressione che permettono al robot di reagire agli stimoli. Se solleticato sulla pancia, CB2 si contorce come se reagisse davvero allo stimolo del solletico. A supervisionare il tutto, una non meglio identificata manciata di processori il cui scopo è quello di registrare ed elaborare le informazioni acquisite anche per mezzo delle due camere situate negli occhi del robot.
Sviluppato a partire dal 2007 da un team di ricercatori della Osaka University , il progetto ha coinvolto non solo ingegneri, ma anche esperti specializzati nel cervello umano e psicologi. Questo perché il drone è sviluppato per conoscere l’ambiente circostante ed accumulare esperienza. Il robot è programmato per apprendere : è così che agli inizi del programma di sviluppo ha imparato a riconoscere le espressioni facciali del suo mentore, per poi archiviarle in categorie che esprimono differenti sentimenti, come ad esempio gioia o tristezza. Ma non solo: CB2 ha mosso i suoi primi passi, grazie all’ausilio di un supporto umano.
“Il robot è in grado di memorizzare espressioni frutto di emozioni utilizzando le due cam poste nei suoi occhi, archiviandole e relazionandole a sensazioni fisiche sui suoi circuiti” spiega il professor Minoru Asada, a capo del team di ricerca. Secondo i ricercatori, i progressi più corposi arriveranno man mano che il robot bambino crescerà: entro due anni ci si aspetta di sentir pronunciare le prime parole del robot, più che altro frasi non troppo elaborate, mentre entro il 2050 Asada auspica di avere a disposizione un team di robot in grado di sfidare gli umani in competizioni del calibro della Coppa del Mondo di calcio. Vincendo, naturalmente.
Sogni e prospettive future a parte, il curioso robot è l’ennesima espressione dello stato dell’arte dell’industria giapponese, che dietro a bizzarri tentativi di integrazione, prepara anche a livello burocratico l’ascesa della razza robotica, destinata a servire l’uomo sopperendo alle sue fragilità fisiche.
Vincenzo Gentile