Kosuke Tsuneoka, inviato giapponese in Afganistan e tenuto prigioniero da terroristi, sarebbe riuscito a comunicare la sua sorte e il fatto che fosse vivo via Twitter.
Dopo cinque mesi in cui è stato tenuto prigioniero da membri del gruppo Hizb-e-Islami, la vicenda ha assunto connotati intricati: un secondino sprovveduto avrebbe mostrato al prigioniero il suo Nokia N70 e, non capace di utilizzarne la connessione Internet, avrebbe chiesto aiuto al giapponese .
Tsuneoka a quel punto, approfittando dell’inaspettato mezzo di comunicazione, avrebbe spiegato il funzionamento della connessione e suggerito l’utilizzo di Twitter come mezzo per rintracciare altri giornalisti: nel frattempo, però, ne approfittava per accedere al suo account Twitter e tramite di esso comunicare la propria postazione e lanciare l’SOS .
“Sono ancora vivo, ma in prigione” e “Mi trovo a Kunduz. Nella prigione del comandante Lativ”, i due cinguettii. Il fatto che fossero scritti in inglese e che non provenissero dal consueto client utilizzato dal giornalista nelle ore successive alla loro comparsa hanno subito attirato l’attenzione e i dubbi dei suoi follower.
Qualche giorno dopo, si pensa senza alcun collegamento con i cinguettii, le porte di uscita dalla sua prigionia gli sono state aperte per la seconda volta: già nel 2001, in Georgia, era stato rapito. A salvarlo da una fine peggiore, forse il fatto che nel 2000 si sia convertito all’Islam: nessun riscatto sarebbe d’altraparte stato pagato secondo quanto riferito dal Governo giapponese.
Claudio Tamburrino