Gli hacker russi contro il New York Times

Gli hacker russi contro il New York Times

I compagni cyber-guastatori ancora in azione contro le infrastrutture dei media statunitensi. Questa volta l'attacco non avrebbe avuto successo, ma l'FBI indaga
I compagni cyber-guastatori ancora in azione contro le infrastrutture dei media statunitensi. Questa volta l'attacco non avrebbe avuto successo, ma l'FBI indaga

L’FBI ha confermato l’avvio di una nuova indagine su sedicenti hacker russi, presunti responsabili di un nuovo tentativo di intrusione sui server dei mezzi di comunicazione a stelle e strisce. Gli interessati confermano l’attacco ma non registrano “danni”, mentre la scia di azioni malevole attribuite ai cyber-criminali sponsorizzati da Mosca si estende sempre di più.

Secondo le fonti consultate da CNN , le potenziali vittime dei nuovi attacchi includono il New York Times e altri organi di informazione di alto profilo non meglio specificati; il tentativo di attacco c’è stato, ha confermato poi il Times , ma questa volta i guastatori informatici non sembrano aver avuto successo.

A essere preso di mira è stato l’ufficio russo del quotidiano, così come risultano bersagliati gli account di posta elettronica (“esternalizzzati” a Google) dei suoi reporter; il monitoraggio continua, ha spiegato la portavoce Eileen Murphy, presumibilmente in collaborazione con gli investigatori dell’FBI impegnati sul caso.

Le fonti parlano senza mezzi termini di un coinvolgimento, l’ennesimo, dei gruppi di hacker collegati all’intelligence russa, presumibilmente interessati a “bucare” le comunicazioni riservate dei giornalisti per conoscere i dettagli degli scandali americani in anticipo sul pubblico.

Il nuovo attacco conferma in ogni caso l’attivismo dei cyber-criminali al soldo (fin qui presunto) di Mosca, già responsabili – sempre secondo le fonti di CNN – degli attacchi, questa volta riusciti , contro il Comitato Nazionale del Partito Democratico (DNC) e il Democratic Congressional Campaign Committee (DCCC) impegnati nelle primarie e poi nella campagna presidenziale di Hillary Clinton.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
24 ago 2016
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