Certe volte i fatti di “gente meccaniche, e di piccol affare”, come diceva il Manzoni, possono essere molto interessanti, una testimonianza di cose ben più grandi ed importanti. Senza pretesa di scrivere niente di importante, l’imprinting che come ex-docente (non insegnante, per carità) ancora posseggo mi porta talora a raccontare qualche storiella esemplare, utile per dimostrare una tesi od un concetto. Non avendo più allievi che siano costretti a sopportarmi, provo a scrivere questa cosetta, che certo non pretende di essere una vera puntata di Cassandra, ma al massimo qualche suo spicciolo, avanzato in fondo ad una tasca.
Già ai tempi dello scandalo Sony BMG enunciai un concetto molto semplice ma poco condiviso, e cioè che le aziende, ed ancor più le multinazionali, non sono esseri umani ma “alieni” sintetici, che agiscono secondo scale di valori solamente funzionali ed economiche. Che è quindi “naturale” e “giusto” che si comportino in certi modi, e chi chiede ai loro dirigenti di comportarsi “moralmente” è un ingenuo, pericoloso per se stesso e per gli altri.
Senza controllo da parte sia della legge che dei consumatori, le multinazionali si comportano “naturalmente” come predatori, dovendo obbedire alla loro funzione primaria che non è quella di chiudere il buco nell’ozono o nutrire i bambini del terzo mondo, ma unicamente di produrre dividendi per remunerare le azioni.
Se una multinazionale si comporta “moralmente” questo avviene solo perché forze esterne, leggi, consumatori o semplicemente il mercato, rendono questo conveniente. È naturale e lasciatemi ripetere “giusto” che sia così, e chi dice il contrario pecca come minimo di ingenuità, e spesso persevera superbamente nell’errore. Mafe mi perdonerà per questa invasione di campo, ma su questi temi ho già scritto con convinzione in tempi ormai lontani.
Ma torniamo agli spiccioli di cui accennavo. L’altro ieri sono andato in un attraente negozio di una multinazionale dell’intrattenimento che vende direttamente giocattoli, che spaziano dal dozzinale al molto bello, e puo’ farlo a prezzi molto alti grazie al branding di personaggi alla moda applicato su oggetti altrimenti molto “ordinari”. Mi ero recato controvoglia in codesto loco per comprare un oggetto a prezzo appunto esoso, solo perché lo avevo visto riflesso nello sguardo sognante di una bambina. È uno dei miei limiti e dei compromessi che ne seguono.
L’oggetto in questione era effettivamente carino; una corda per saltare di plastica trasparente con impugnature dotate di batterie e led colorati lampeggianti ritmicamente, che illuminandola dall’interno creavano col movimento un effetto veramente carino.
Le persone della mia fascia di età che hanno avuto la fortuna da bambini di ricevere giocattoli a batteria, macchinine semoventi, robottini con luci e mitragliatrici e quant’altro, ricorderanno una delusione frequente, quella di ricevere in dono il giocattolo “morto” cioè senza le batterie che, vendute inspiegabilmente a parte, venivano spesso dimenticate da chi i doni recava. E così il bambino restava a bocca asciutta, e se ben educato cercava di far finta di niente, altrimenti si metteva a piangere per la delusione.
Chi traeva vantaggio da questo? Nessuno, tutti perdevano, gli zii che avevano portato il giocattolo, il bambino, il negoziante, i fabbricante di giocattoli ed anche quello delle batterie.
Semplice trascuratezza? No, come dice Mafe semplicemente nessuna attribuzione di valore alla soddisfazione dell’utente finale.
Poi i cinesi hanno cominciato a vendere meraviglie elettriche e radiocomandate a prezzi stracciati e con le batterie (magari piene di mercurio) incluse nella confezione.
Così anche le multinazionali dell’intrattenimento hanno dovuto cominciare a fare lo stesso, scoprendo che oltretutto in questo modo potevano, con un costo minimo, creare attraenti confezioni “provami” che permettevano, sfiorando un pulsante, di far apprezzare il funzionamento del giocattolo mentre era ancora sullo scaffale.
Una tripla strategia vincente: il bimbo non rischiava una cocente delusione, lo zio non rischiava di sentirsi la fantozziana merdaccia per essersi dimenticato di comprare le pile e la multinazionale vendeva a caro prezzo un giocattolo in più perché il bambino, anzi la bambina in questo caso, aveva potuto provarlo ancora nella scatola.
Ah, dimenticavo, una quadrupla strategia vincente perché anche il cinese che aveva costruito il giocattolo per la multinazionale era ovviamente contento.
Arriviamo al dunque. Dicevamo appunto che in assenza di un controllo della legge o dei consumatori, le multinazionali si comportano naturalmente in maniera non umana, essendo appunto entità non umane. Il caso delle multinazionali dell’intrattenimento come ad esempio Sony BMG che sono da decenni in guerra con la maggior parte dei loro clienti è assolutamente tipico.
Infatti, quando la bambina di turno apre il pacco della sua corda tecnologica, già collaudata nella scatola grazie alla saggia presenza delle suddette batterie da due soldi, e comincia a saltellare felice scopre immediatamente che metà della corda resta buia. Molto meno felice si avvicina allo zio che pieno di sensi di colpa si arma di cacciavite pensando ad un difetto, forse rimediabile.
No, nessun difetto, semplicemente una delle due impugnature è dotata di batterie, mentre l’altra no. Così il bimbo poteva provare il giocattolo nella scatola e poi chissenefrega se dopo averlo comprato a casa non gli funzionava. Da qualche parte della multinazionale qualcuno aveva avuto la brillante idea di dimezzare la dotazione di batterie in modo da risparmiare 4 o 5 centesimi su un gioco venduto a quasi trenta euro, senza nemmeno scrivere, come una volta usava, il famigerato “batteries not included”. Alla faccia della soddisfazione del bambino, dello zio e del cliente in generale.
Ora, se qualche pezzo grosso della suddetta multinazionale si riconoscesse, gliene fregasse qualcosa e mi stesse a sentire dovrebbe cercare il suddetto genio e farlo crocifiggere in sala mensa, dopo averlo licenziato ovviamente. Ma questo non succederà mai, perché è “naturale” che le cose vadano così.
Il normale funzionamento delle aziende ha fatto invece sì che sulla confezione non mancasse il consiglio rivolto ai genitori di stare attenti perché con una corda una bambina puo’ soffocare, forse perché la sorellina grande e gelosa la usa per impiccarla. Il genitore evidentemente non avrebbe già potuto e dovuto pensarci da solo.
Il normale funzionamento di un’azienda che produce forni a microonde, d’altra parte, la conduce ad inserire sulle raccomandazioni d’uso di non impiegarlo per asciugare il gatto dopo averlo lavato.
Nel caso di cui parlo, il normale funzionamento delle aziende ha fatto sì che in un angolo nascosto della confezione ci sia scritto in piccolo “Necessitano 4 batterie formato AA” e sotto in caratteri microscopici bianchi, sfocati e su fondo nero, alti meno di due millimetri, ci sia scritto tra parentesi “due incluse”.
Ma questo è giusto! È stata colpa mia! Non è lecito aspettarsi di più. Non è lecito ammenocché quando succedono cose come queste qualunque consumatore non ritorni al negozio chiedendo spiegazioni per l’idiozia, ed al “Boh?” che certamente riceverà di risposta, faccia seguire una lettera alla direzione generale e magari creativamente una a casa dell’amministratore delegato, travestita da comunicazione legale (Google serva anche a questo). Magari addirittura raccontarlo su un giornale.
Nessuno crocifiggerà mai il genio di cui sopra in sala mensa, anzi lo ritroverete prima o poi alla festa dei compagni del liceo, e lui sarà certamente quello che guadagna dieci volte più di voi. Perché è giusto che se il popolo dei consumatori è bue, le cose funzionino a questo modo.
Marco Calamari
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