Gli spiccioli di Cassandra/ Unplugged

Gli spiccioli di Cassandra/ Unplugged

di Marco Calamari - Questa estate la sorpresa: il gestore dell'unico Internet Café del posto aveva una postazione dedicata a chi voleva collegarsi con il proprio computer, e non con quello del Café. L'altra sorpresa? Gli avventori
di Marco Calamari - Questa estate la sorpresa: il gestore dell'unico Internet Café del posto aveva una postazione dedicata a chi voleva collegarsi con il proprio computer, e non con quello del Café. L'altra sorpresa? Gli avventori

Qualche giorno di ferie lontano da casa costringe a modificare radicalmente le abitudini, e questo può avere effetti collaterali. No, non si tratta di una pubblicità di uno yogurt, ma di alcune considerazioni che mi sono venute spontanee trovandomi, come era capitato anni fa a MTV, “unplugged” – scollegato.

Il fatto in sé non è diverso dal solito, anzi in altre occasioni vacanziere mi sono trovato realmente e completamente scollegato dalla Rete, ma in questo caso la situazione di astinenza totale paradossalmente semplificava il problema. Tutto quello che potevo fare era lasciare Spamassassin e qualche fedele script a guardia delle mia mailbox, facendogli distillare ed archiviare quel 15% di messaggi buoni dei miei 1000 messaggi giornalieri.

Nella maggior parte dei paesi d’Europa, come quello in cui mi trovo, non è ancora possibile noleggiare una ADSL per poche settimane, e comunque senza dover produrre carte evidentemente necessarie per impedire a Bin Laden di mandare i suoi proclami da solo, e che un turista certamente non possiede o non ha con sé. Per fortuna il mondo degli Internet Café si è evoluto, anche in questo posto così tranquillo e popolato di vecchietti dove io sono sistematicamente il più giovane in ogni occasione mondana che mi sia capitata fino ad ora.

Due anni fa il titolare dell’unico Internet Café della zona, alla richiesta di poter collegare il mio portatile mi guardò con tanto d’occhi e rifiuto’ recisamente. Me ne andai con la coda tra le gambe chiedendomi se la decisione dimostrata fosse dovuta alla paura che gli incasinassi la rete o al fatto che solo un narcotrafficante potesse avere certe necessità.

D’altra parte costringere un paranoico come me ad utilizzare il computer di un Internet Café sarebbe equivalso a chiedere ad un agorafobico con le vertigini di attraversare il Bay Bridge di San Francisco camminando sui cavi di sospensione. Naturalmente qui non c’è nessuno che batte la password del proprio conto corrente, o quella del proprio pendrive truecrypt, sul computer di un Internet Café, vero?

Ma torniamo ai nostri giorni. Trovandomi di nuovo unplugged nello stesso posto mi sono recato nuovamente dove era appesa l’insegna con la fatidica “@” ed ho ripetuto la fatidica domanda.
Come la volta prima il gestore mi ha guardato “strano”. “Eccoci – mi son detto” ora mi caccia, chiama l’antidroga o direttamente la psicopolizia. La risposta è stata invece un “Ovviamente, postazione n.4”, accompagnato da uno sguardo di compatimento. Ritenendomi un povero imbranato, mi ha anche accompagnato al tavolo “Usa wi-fi o rete?”

Rispondo cautelativamente “Il cavo, grazie.” E con un secondo sguardo di compatimento, che voleva dire “Ma cosa vuoi che ne sappia questo poveretto di wi-fi” si è tuffato sotto il tavolo, ha staccato il cavo dal pc e me lo ha porto raccomandandosi “Lo sa attaccare da solo, vero?”.

Siccome non sono in Italia e da qui evidentemente Pisanu non è passato (nessuno l’avrebbe preso sul serio comunque) il titolare non mi chiede o mi fotocopia un documento di identità. Probabilmente i monitoraggi e la data retention a cui saro’ soggetto, come tutti del resto, dalle autorità del luogo rendono la cosa superflua, ma se non altro ho patito una rottura di scatole in meno.

Bene, mi sono rapidamente adattato a questa situazione da quasi-sconnesso. Una volta al giorno prendo la mia fedele borsettina, scendo a valle verso la “@” al neon, sorrido al titolare o alla gentile figliuola, e mi faccio assegnare il fatidico posto n.4.
Avendo guadagnato la loro fiducia, ho l’autorizzazione a staccare e riattaccare personalmente il cavo. Credo che sotto sotto il titolare sia orgoglioso di questo mio piccolo avanzamento tecnologico, di cui lui ritiene senz’altro di avere il merito.

Quindi questo angolo di pensionati non è più per me una situazione da gestire, affidando server ad amici e lasciando script a vegliare la mia casella di posta. Ho dovuto radicalmente cambiare le mie abitudini di superconnesso, ma sono ancora in grado di comunicare con il mio vero mondo. In pochi minuti scarico in background i miei 1000 messaggi sul viagra e sulle mie eredità milionarie e mando i messaggi in uscita, e nel frattempo butto un occhio sui grafici dei server e cerco un paio di cose su Google. In 10, massimo 15 minuti ho finito e passo alla cassa pagando spesso meno di un euro.

Il titolare mi guarda, pensa che io sia un cattivo affare e si chiede che cosa io abbia fatto visto che per la maggior parte di quei pochi minuti sto a braccia conserte e mi guardo intorno. Speriamo di non destare i suoi sospetti; anzi è meglio che io questo pezzo lo mandi via subito, perché non si sa mai. Nel caso, dite alla Redazione di mandarmi a cercare.

È stato pero’ interessante, data la mia finora inesistente frequentazione di Internet Café, sbirciare da perfetto neofita dell’ambiente quello che facevano gli altri. Mi ha colpito il fatto che solo pochi facevano quello che mi sarei aspettato, cioè navigare e usare la webmail.

Da una parte ho visto molte persone che scrivevano il loro curriculum od altri documenti, utilizzando in effetti solo il computer e non la Rete, perché non ne possedevano uno o non l’avevano con sé.
Dall’altra c’erano persone con 6 finestre contemporaneamente attive, telecamera accesa e cellulare fisso all’orecchio, che talvolta non pronunciavano parola. Non oso pensare se stessero eseguendo narco-transazioni su conti numerati offshore oppure gestendo una casa di appuntamenti telematica.

Nel mezzo persone che fissavano pensosamente per vari, eterni minuti una pagina web o la finestra di una Chat senza muovere un muscolo e senza toccare tastiera o mouse. Forse Autistici in vacanza? O avevano trovato il Sacro Graal in una pagina web?
Nessuno che abbia mai usato la macchinetta del caffè, comprato le patatine (io c’avevo pensato) o detto più di qualche parola. Sono solo sfumature, ma quasi nessuno ha fatto quello che mi aspettavo.

Ci ho pensato un po’ sopra, e mi sembra che tutto sommato sia meglio così. Più la gente usa la Rete in maniera diversa e meglio è. Specialmente chi è quasi-unplugged od addirittura quasi-analogic.

E passerà ancora tanto, tantissimo tempo prima che l’essere umano medio sia realmente connesso come Case o Johnny. Il tempo quindi di far qualcosa per avere una Rete, od almeno una piccola parte di essa, libera e navigabile forse ce l’abbiamo ancora. Forse.

Marco Calamari

Tutte le release di Cassandra Crossing e degli Spiccioli di Cassandra sono disponibili a questo indirizzo

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Pubblicato il
12 set 2008
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