Los Angeles (USA) – La Motion Picture Association of America ( MPAA ) ha deciso di lanciarsi sulla strada della guerra porta-a-porta con gli utenti dei sistemi di scambio, quelle piattaforme di peering dove, tra i tanti file in circolazione, si trovano sempre più spesso anche interi lungometraggi.
La campagna legale annunciata dal neopresidente dell’associazione degli studios, Dan Glickman, intende prendere di mira coloro che mettono in condivisione grandi quantità di file contenenti film illegalmente riprodotti, compressi e spediti sulla rete.
Sì, sono parole già sentite ed è lo spirito che ormai da lungo tempo anima l’approccio al P2P della RIAA , ossia dei discografici americani: quella delle major della musica è una crociata che ha messo nei guai più di 6mila utenti statunitensi, ha goduto di grande eco sui giornali, ha consentito all’industria di divulgare le proprie opinioni sulla questione pirateria ma ha anche fallito nel contrastare l’aumento dell’uso del peer-to-peer .
Nonostante questo, e nonostante la relativa scarsità di film disponibili oggi sulle reti di scambio, Hollywood vuole muoversi nella direzione di uno scontro a tutto campo con gli appassionati di cinema che fanno uso del file sharing. Uno scontro che nelle parole di Glickman suona come inevitabile ed anzi, proprio perché la condivisione dei grossi file che contengono film compressi è ancora relativamente contenuta, si tratta di una operazione giudicata “tempestiva”.
“C’è bisogno sia del bastone che della carota – ha anche dichiarato Glickman – non si può avere l’uno senza l’altro”. Il riferimento è al piano B delle major, quello che prevede nuovi investimenti e nuove idee per tentare di vendere film su Internet come risposta alla condivisione selvaggia. I tentativi fin qui portati avanti non hanno in alcun modo attirato l’interesse degli utenti e quindi gli studios sembrano guardare con maggiore attenzione al modello di distribuzione a pagamento che Apple iTunes ha proposto nella musica con grande successo.
Va detto però che la MPAA questa volta non è un fronte compatto . Stando ad indiscrezioni, infatti, non tutti gli studios che la compongono condividono questa strategia e, ma si attendono conferme, pare che la Walt Disney Corporation non sia d’accordo e intenda tenersi fuori dalla battaglia legale contro gli utenti. Sono invece tutti con la MPAA quelli della Time Warner . Secondo Gordon Paddison, dirigente del colosso dell’intrattenimento americano, le denunce sono essenziali per portare “il messaggio” (vale a dire che scambiare film è cosa disdicevole) alla propria audience, composta in gran parte da ragazzi tra i 18 e i 26anni. Paddison si è anche detto certo che i risultati si vedranno. “Come si rimette il Genio nella lampada?” – si è chiesto – “Sfortunatamente costerà molto dolore farlo” – si è risposto.
La MPAA non è nuova ad iniziative legali sulla rete, talvolta anche un po’ sbilenche, come quelle che l’hanno indotta negli ultimi sette-otto mesi a spedire ai provider italiani centinaia di diffide per i comportamenti di utenti nostrani, diffide che naturalmente non hanno alcuna valenza nel nostro ordinamento giuridico .
La crociata degli studios non rappresenta peraltro una sorpresa se si pensa che soltanto qualche mese fa Hollywood si era lamentata sostenendo che chi scarica film è meno propenso a spendere per andare al cinema . Un’affermazione che ricorda da vicino la posizione di molti discografici, sebbene sia stato sempre assai difficile dimostrare un collegamento tra uso del peer-to-peer e minore propensione agli acquisti.
Cosa accadrà ora? Tutto seguirà il copione già visto delle denunce , dei provider che proteggeranno la privacy dei propri utenti, dei tribunali che imporranno la cessione dei nomi corrispondenti agli IP scovati in rete dalle major, degli accordi extragiudiziali tra utenti e studios e via dicendo.