La Federal Communications Commission (FCC) ha deciso a maggioranza di innalzare la velocità minima della banda larga, stabilendo che una qualsiasi connessione telematica inferiore ai 25 Megabit in downstream e 3 Megabit in upstream non possa essere classificata come broadband a tutti gli effetti.
FCC giustifica la decisione con la necessità di aggiornare i parametri di giudizio rispetto al mutare delle richieste dei consumatori e ai progressi tecnologici dell’offerta di servizi e prodotti telematici, accompagnando la presa di posizione con la rivelazione del fatto che la diffusione di connessioni veloci non va di pari passo con quello che vorrebbe il mercato di rete.
Il rapporto FCC evidenzia come 55 milioni di americani, o il 17 per cento della popolazione totale, non abbiano alcun accesso a una connessione da 25/3Mbps, una percentuale che cresce notevolmente (53 per cento) se si prendono in considerazione i netizen che vivono nelle zone rurali del paese.
La nuova decisione di FCC è prevedibilmente destinata a generare polemiche e soprattutto a mettere sotto pressione l’industria delle telecomunicazioni che posa fisicamente i cavi: la risposta della National Cable & Telecommunications Association (NCTA) non si è fatta attendere e squalifica le nuove “misure” della broadband come un tentativo della FCC di autoassegnarsi poteri regolatori che non le competono; gli americani non usano Internet come crede la FCC, dice la NCTA.
Un’approvazione della nuova definizione di broadband arriva invece da Public Knowledge, organizzazione che si batte per i diritti digitali e che accoglie positivamente la decisione della FCC. Nel frattempo, al di qua dell’oceano, i paesi europei tecnologicamente più avanzati come la Finlandia da anni stanno lavorando per fornire una connessione da 100Mbps a tutta la popolazione. L’Italia? Non qualificata , come è giusto che sia.
Alfonso Maruccia