Un nuovo rapporto di infoDev.org , programma di finanziamento per lo sviluppo sponsorizzato dalla Banca Mondiale, approfondisce i numeri della virtual economy , quella che scambia beni virtuali per soldi reali e che si svolge soprattutto nei MMORPG, e ne individua un’occasione per i paesi emergenti.
Il mercato si è espresso al suo massimo su MMORPG come World Of Warcraft (giocato da oltre 6 milioni di player) dove personaggi dalla grande potenza o oggetti vengono venduti all’asta su eBay a prezzi notevoli e dove ha un ruolo non trascurabile il cosiddetto gold farming , il fare da sitter agli account di un altro utente in cambio di denaro, oppure il giocare per creare denari del mondo virtuale da scambiare con valuta vera attraverso sistemi di pagamento come PayPal.
Quello del gold farming, secondo infoDev , rappresenta una vera e propria opportunità di crescita per i paesi emergenti, tanto che le organizzazioni non governative dovrebbero prenderlo in considerazione come mezzo per connettere i più poveri a questo tipo di domanda del mondo occidentale: le risorse tecnologiche in molti casi, soprattutto nei paesi dell’est vi sono, basti pensare alla diffusione di cellulari e smartphone in India e in Cina.
Mettendo da parte il settore della virtual economy che necessita di maggior competenze tecniche, come la creazione di oggetti virtuali o le politiche di marketing via social media, l’altro fronte su cui i paesi in questione potrebbero concentrarsi per dare un’opportunità economicamente vantaggiosa per i propri cittadini è poi quello del cosiddetto “microwork” , la faccia pulita delle botnet e dello scam, cioè quei piccoli compiti a bassa remunerazione come l’individuazione di CAPTCHA.
Tuttavia è il gold farming la vera nuova gallina dalle uova d’oro: si tratta di un mercato ben sviluppato e strutturato, che ha intermediari, rivenditori all’ingrosso e vere e proprie borse che mantengono un equilibrio nel settore acquistando oro e altri beni virtuali come i personaggi cresciuti quando la domanda è debole, per rivenderli quanto la domanda sale.
Si tratterebbe di un mercato che solo per le parti terze dei servizi di gaming ha rappresentato un valore di circa 3 miliardi di dollari, introiti che anche con l’intervento degli intermediari finiscono in gran parte nelle tasche di aziende dei paesi emergenti e in buona percentuale nelle tasche dei lavoratori del luogo . Molto di più di quanto si possa dire di mercati consolidati e tradizionali come quelli delle materie prime.
Già dal 2008 la Cina, che sembra ospitare oltre l’80 per cento dei farmer, l’ aveva ritenuto uno sviluppo pericoloso e aveva cercato di porvi un freno, prima con tasse al 20 per cento su questo tipo di introiti poi con veri e propri divieti. InfoGov spera che questa diffidenza verso queste nuove forme economiche possa essere superata a favore di una visione che consideri il fenomeno come un’opportunità.
Claudio Tamburrino