L’estate è una stagione crudele: Google, patrigno spietato, ha annunciato di voler abbandonare Wave. Questo significa che smetterà di svilupparlo e che garantirà di mantenerlo online solo per quest’anno, mentre cercherà di sfruttare la tecnologia in esso incorporata per altri progetti, così come il team di sviluppatori australiani che sarà ora trasferito.
Per chi ancora utilizzava Google Wave non c’è il rischio di perdere le informazioni che si erano inserite: verranno creati strumenti per permettere agli utenti di “liberare” i loro dati, che continueranno ad essere ospitati almeno fino alla fine del 2010. La natura open source della piattaforma, peraltro, dovrebbe garantire l’eredità anche delle tecnologie impiegate. Anche perché, successo o meno, l’Onda partita da Mountain View sembrava aver qualcosa da dire .
La speranza di coloro che vedevano le potenzialità di Wave è proprio che il progetto, e le innovazioni che in ogni caso era riuscito a introdurre, saranno tramandate sotto altre forme. D’altronde anche Eric Schmidt, parlando della decisione finale, ha affermato che all’interno del Googleplex apprezzavano “l’interfaccia e alcune caratteristiche di Wave, ma che non avendo avuto abbastanza successo” non potranno continuare ad investirvi, preferendo invece prendere quanto di buono vi è stato prodotto “per applicarlo in progetti futuri”.
Wave sembrava essere nato sotto la migliore delle stelle, per infrangere la maledizione che sembra colpire Google ogni volta che si avvicina ai servizi di social network: doveva rappresentare un innovativo sistema di comunicazione e condivisione online, in grado di integrare messaggistica in tempo reale, email, wiki, documenti condivisi e social network, e la sua presentazione, nel corso della conferenza I/O del maggio 2009, era stata accolta con entusiasmo.
Collaborazione real-time , rete di interscambio dati (WaveNetwork) con drag-and-drop direttamente dal desktop, nonché l’integrazione con altre applicazioni come Google Maps, Gail, Google docs, Google Calendar, erano i suoi punti di forza, per farne il social network destinato a primeggiare nel mondo del lavoro. O quanto meno per gli ambiti in cui il brainstorming è essenziale. Tutto, poi, ruotava intorno alle estensioni che gli sviluppatori erano liberi di pensare per arricchire di potenzialità la piattaforma.
Anche l’avvio del progetto Wave, annunciato a maggio e presentato in anteprima nel settembre 2009, peraltro, sembrava destinarlo ad un discreto successo: l’hype era salito , gli inviti per provare il servizio erano alquanto desiderati e non era difficile trovare su Twitter e Facebook persone che esultavano con orgoglio per averne ricevuto uno .
In totale una base di 100mila utenti ognuno dei quali con la possibilità di invitarne in media altri 8 : ai suoi esordi dovrebbe essersi affacciato sul browser di almeno 5 milioni di utenti, mentre ora solo un milione sembravano ancora utilizzarlo. Insomma, un calo verticale dopo l’esaltazione iniziale, come se la piattaforma avesse deluso i più . Urs Hölzle, vicepresidente di Google, ha spiegato che “Malgrado i suoi successi e i molti fan affezionati, Wave non è stato utilizzato quanto avremmo voluto”
Alla prova dei fatti, sembrerebbe che gli utenti lo abbiano pesato, lo abbiano misurato e lo abbiano trovato mancante: pur avendo i suoi estimatori anche tra gli addetti ai lavori, i difetti hanno, insomma, pesato di più. Da un lato la relativa lentezza di una piattaforma che si promette di “collaborazione real-time”, dall’altra la natura delle estensioni, troppo varie per riuscire a capirne immediatamente l’utilità, non integrate da subito penalizzando una fruizione immediata delle potenzialità della piattaforma.
Anche il fatto di aver vissuto la maggior parte della sua vita in Beta (ha aperto al pubblico solo a marzo) limita di fatto la possibilità di esprimere commenti su questi primi difetti: d’altronde la ricorsa di Google ai social network non ammette né ritardi, né intoppi, né mezze misure .
Wave, insomma, si unisce a quei progetti che Google ha avviato per testare il campo: in piedi resta invece Buzz che, dopo i numerosi problemi iniziali che sembravano identificarlo come candidato numero uno nella periodica razionalizzazione dei servizi Google, parrebbe ora avere raggiunto numeri discreti. Il CEO Schmidt ha parlato di decine di milioni di utenti, in buona parte gli utenti Gmail che non sembrano disprezzarlo, ma anzi consideralo un’estensione utile del servizio di posta.
Google pur avendo registrato mille successi, deve ancora fare centro nel campo social , dove ha conosciuto il sapore della sconfitta : dopo Lively, Hello, Orkut (che in Brasile ancora spopola), gli imbarazzi (iniziali) di Buzz e, ora, l’abbandono di Wave, deve ancora trovare la strada con cui seguire Facebook e Twitter. Mountain View, d’altronde, non demorde e, semplicemente, indirizza le sue risorse verso nuovi progetti che perseguono il medesimo obiettivo: dopo l’ investimento nell’azienda di social game Zynga, Google ha recentemente acquistato Slide, servizio che coniuga social network e condivisione foto per 182 milioni di dollari. Il nuovo progetto nel social space dovrebbe essere guidato da Vic Gundotra.
Claudio Tamburrino