In sordina, per minimizzare preventive fughe di notizie che avrebbero potuto inficiare le indagini. Così ha preso il via, in base a quanto riportato da Les Echos e Le Parisien e confermato dalle autorità francesi, il raid del fisco transalpino a carico di Google France. Alle cinque di ieri mattina un piccolo esercito di circa 100 uomini tra militari, magistrati, funzionari e tecnici ha fatto irruzione negli uffici di BigG, che si trovano in Rue de Londres a Parigi . Un’azione che arriva a distanza di quasi 5 anni dalla perquisizione avvenuta a giugno 2011 , e di circa due anni dalla comunicazione dell’avvio delle indagini, notificata a marzo 2014 . L’accusa, anticipata dalle indiscrezioni , è pesante: si parla di una presunta evasione di 1,6 miliardi di euro .
Non nuova ai sospetti delle autorità fiscali dei paesi di mezza Europa, la società americana ha chiuso di recente un accordo con le autorità britanniche per 130 milioni di sterline , epilogo di un’inchiesta durata ben 6 anni. Anche in Italia la situazione è simile: risale ad appena qualche mese fa l’ accertamento della Guardia di Finanza di Milano per una presunta evasione di 227 milioni di euro .
I capi di imputazione a carico della multinazionale hanno tutti un minimo comune denominatore: l’ elusione fiscale nei paesi in cui opera per versare le imposte in nazioni con regimi contributivi più favorevoli, Irlanda in testa, che come è noto vanta una pressione fiscale tra le più basse al mondo. Ammonta ad appena il 12,5 per cento, infatti, l’aliquota che colpisce i redditi commerciali provenienti da attività societarie.
Tornando all’episodio parigino, da Google arrivano rassicurazioni: stiamo collaborando con le autorità per rispondere alle loro domande, abbiamo operato nel pieno rispetto della normativa francese. La comunicazione, resa all’agenzia di stampa inglese Reuters , è arrivata via email dal portavoce per l’Europa Al Verney.
D’altronde Big G non è l’unica multinazionale nel mirino delle autorità governative europee, Italia in testa. Apple ed Amazon , infatti, non se la passano meglio. Ammonta a 318 milioni di euro l’accordo tra Cupertino e la nostrana Agenzia delle Entrate, epilogo di una maxi inchiesta per frode fiscale. Al gigante del commercio elettronico, invece, è stato di recente notificato l’avvio delle indagini da parte della Procura di Milano per omessa dichiarazione dei redditi.
Come andrà a finire tra Google e le autorità francesi? È lecito aspettarsi un accordo, come già avvenuto con la Gran Bretagna, forse anche in questo caso con una rivisitazione delle modalità tecniche di imputazione e contabilizzazione dei redditi più favorevole al fisco transalpino.
Luca Barbieri