Google si è trovata al centro di una nuova polemica legata alla circolazione dei dati ed alla trasparenza : stavolta non si tratta di una questione legata a uno dei suoi servizi, ma di una questione squisitamente interna al Googleplex, ovvero quanto Big G paga i suoi dipendenti e che differenze fa.
Ad aver scoperchiato il vaso di Pandora è stata Erica Baker, ex dipendente di Google ora passata all’app di messaggistica per ufficio Slack: con 34 tweet ha raccontato di come – quando si trovava ancora a Mountain View – con alcuni colleghi ha iniziato a scambiarsi informazioni circa i rispettivi salari, organizzando i dati ottenuti in un foglio di lavoro .
Questo è poi girato sulla rete interna di comunicazione di Mountain View dove progressivamente è stato arricchito da altri dipendenti di Big G (circa il 5 per cento degli ex colleghi di Baker) ed è ben presto diventato oggetto di diverse operazioni e classificazioni che hanno permesso di far luce sulle pratiche salariali a Mountain View e sul trattamento rispetto al genere ed alla carica: è stato anche utilizzato da diversi dipendenti per chiedere un diverso trattamento salariale.
Questo non è affatto piaciuto a Big G , tanto da costare ad Erica Baker un richiamo ufficiale, cui però non poteva seguire alcuna minaccia: è illegale per un’azienda a stelle e strisce impedire ai propri impiegati di condividere informazioni e discutere tra di loro circa il proprio salario, o minacciare conseguenze per averlo fatto.
Ciononostante, Baker si è vista respingere i Peer Bonus, gli extra frutto della riconoscenza dei propri colleghi ma emessi a discrezione del manager di riferimento: un trattamento che – secondo il racconto via Twitter – sembra assolutamente esclusivo nei suoi confronti.
Alla fine il suo rapporto di lavoro con Google si è concluso e i rapporti con i suoi ex capi non sono certo migliorati: in un altro tweet parla esplicitamente della volontà di continuare a credere in giustizia ed equità e la sua serie di tweet al veleno si pone esplicitamente in polemica con la scelta di dedicare un Doodle alla leader dei movimenti civili Ida B. Wells, una scelta giudicata assolutamente ipocrita.
Fighting for justice & fairness INSIDE Google doesn’t go over well. Salary sharing is only 1 example. Blogger porn. Real names. Many others.
– EricaJoy (@EricaJoy) July 17, 2015
Google si è limitata a commentare la notizia confermando che i Peer Bonus sono a discrezione dei manager di riferimento ed affermando che i suoi dipendenti sono liberi di condividere le informazioni relative ai propri salari tra di loro. Ha inoltre affermato di fare il possibile affinché compensi, performance e promozioni siano equi.
Nel frattempo, sempre nella Silicon Valley, ma in realtà più piccole rispetto a Big G, la trasparenza sui salari sta diventando un argomento: start up come lo strumento per social media Buffer, la sviluppatrice di videogame mobile Weeby.co e la società di analisi SumAll sono solo alcuni degli esempi delle aziende che rendono pubblici i dati sui salari offerti nel massimo spirito di trasparenza.
D’altra parte, secondo gli osservatori oltre alla questione sindacale legata alla libertà dei dipendenti di contrattare il proprio salario senza rischiare rappresaglie, la trasparenza sul fronte salariale è uno stimolo all’impegno .
Claudio Tamburrino