La visibilità di una figura come quella del Presidente degli Stati Uniti d’America inevitabilmente addensa su di sé ironie, critiche, spiacevoli epiteti: gli algoritmi di Google non hanno la capacità di selezionare le opinioni dei cittadini della Rete, e di prendere in considerazione solo ciò che è diplomaticamente accettabile.
È per questo motivo che la localizzazione della Casa Bianca su Google Maps, nei giorni scorsi, figurava fra i risultati di ricerca per parole chiave come “Nigger House”, “Nigger King”, “niggahouse”, classificazioni attribuite al segnaposto sulla mappa dalle parole razziste di numerosi netizen. L’indignazione delle cronache, che hanno individuato numerose occorenze del problema, ha spinto Google ad analizzare a fondo la questione e Mountain View ha ora annunciato di aver approntato una soluzione.
Ribadendo le proprie scuse, Google ha offerto qualche dettaglio del meccanismo che ha originato l’imbarazzante risultato di ricerca: “alcune offensive chiavi di ricerca restituivano inaspettati risultati sulle mappe perché le persone hanno usato gli stessi termini offensivi nelle discussioni online associate a queste località”. Google sembra suggerire che ciò non stato frutto di una campagna di bombing sviluppata con sistematici accorgimenti SEO, ma sia stato determinato dal triviale beffeggio degli utenti che nel corso degli anni non hanno smesso di sottolineare il fatto che la Casa Bianca abbia un inquilino nero. La popolarità di questa anomalia fra i risultati, poi, avrà certo contribuito ad alimentare il meccanismo: gli algoritmi di Google avranno macinato allo stesso modo anche i commenti indignati che associassero le chiavi di ricerca al risultato offerto, finendo per consolidarlo.
La soluzione della Grande G, ad ogni modo, dovrebbe risolvere il problema: il sistema di ranking dei risultati per le mappe verrà allineato con quello del motore di ricerca generalista, aggiornato ai cambiamenti dell’algoritmo operati nel 2007 per contrastare proprio le operazioni di Googlebombing.
A parziale consolazione di Obama, il fatto che al suo predecessore George W. Bush è stato per anni associato alla chiave di ricerca “miserable failure”.
Gaia Bottà