Google offrirà visibilità a testi di ogni genere, disseminerà saggi e romanzi su schermi di ogni foggia , instillerà opere digitali nelle istituzioni: lo farà pagando 60 dollari per ogni testo e condividendo con i detentori dei diritti le entrate pubblicitarie che deriveranno dalle inserzioni contestuali.
L’accordo che la Grande G ha stipulato con autori ed editori costerà 125 milioni di dollari: serviranno a ricompensare i detentori dei diritti di quella che gli editori avevano definito una “evidente e spudorata violazione del diritto d’autore” compiuta a mezzo Book Search. Nel 2005 gli autori statunitensi si erano scagliati contro Mountain View: ammonimenti, denunce , class action . Google, a parere dei detentori dei diritti, esplorava i loro testi e se ne appropriava senza autorizzazione e senza fare alcuna distinzione fra opere cadute in pubblico dominio e opere ancora protette.
Gli scanner di Mountain View non si sono arresi all’ostilità dei detentori dei diritti: Google ha continuato a battere a tappeto le pagine dei libri, a riversarle online, a indicizzarle. Ci sono editori che si sono lasciati convincere dalla visibilità che Google ha offerto ai loro prodotti, ma sono stati in molti a perseverare nella causa legale. La Association of American Publishers e la Authors Guild hanno negoziato con la Grande G un accordo che potrebbe aprire la strada al modello di business dell’editoria del futuro: il caso pendente in tribunale verrà archiviato se Mountain View agirà da mediatore per garantire ai detentori dei diritti strumenti di controllo, pubblicità e guadagni. Gli autori e gli editori di tutto il mondo sono ora chiamati a raccolta per far valere le proprie istanze: il sito di riferimento , pubblicizzato nei giorni scorsi anche attraverso i programmi di advertising di Google, è disponibile in 36 lingue; la notifica a mezzo lettera e email con la quale si avvertono autori ed editori della possibilità di rivendicare i propri diritti sta raggiungendo i destinatari in 218 paesi, redatta in 72 lingue.
Già nel mese di ottobre erano chiari i termini generali dell’accordo. Per ampliare la biblioteca dei 7 milioni di testi già scansionati, si procederà alla digitalizzazione delle opere ancora coperte dai diritti d’autore ma ormai fuori catalogo: verranno digitalizzati e messi a disposizione online per il 20 per cento, in modo da incuriosire i potenziali lettori e in modo da offrire agli editori la possibilità di monetizzare a costo zero vendendo la copia digitale del testo. Autori ed editori potranno scegliere di applicare questo stesso modello ai libri ancora disponibili sul mercato. In ogni caso fruiranno di una percentuale sulle entrate pubblicitarie derivate dalle inserzioni che Google inietterà nelle pagine web che ospiteranno i testi: il 37 per cento rimpinguerà i forzieri di Mountain View, il 63 per cento verrà consegnato ai detentori dei diritti.
La Grande G si è inoltre incaricata di istituire un Books Rights Registry , un database degli autori e degli editori che si presteranno alla scansione. Oltre a tenere traccia dei diritti sulle opere, il registro sarà il canale mediante il quale verranno gestite le spartizioni e le compensazioni. A colui che detiene i diritti sull’opera scansionata, questi i termini dell’accordo, spetteranno 60 dollari per l’opera completa o una compensazione che oscilla tra i 5 e i 15 dollari per i soli frammenti civetta con cui attirare i netizen.
C’è chi sostiene che Google, con l’archiviazione del caso, si sia rassegnata a non rivendicare il diritto ad una più libera circolazione della cultura. C’è chi , come il direttore della biblioteca di Harvard, sostiene che l’adesione in massa dei detentori dei diritti proietterà Google in una posizione di monopolio sull’accesso alla cultura libraria digitale. C’è invece chi , come Lawrence Lessig, non lesina entusiasmi. I detentori dei diritti hanno tempo fino al gennaio 2010 per decidere da che parte stare.
Gaia Bottà