Goldman Sachs ha riferito che Google ha accettato la sua richiesta di rimozione di alcune email contenenti informazioni riservate di un cliente inviate ad un destinatario sbagliato di Gmail .
La richiesta era motivata dal fatto che l’invio erroneo della missiva, una email con informazioni legate al brokeraggio, generava una violazione “massiva e non necessaria” della privacy: per questo la banca, pur non entrando nel dettaglio del numero di clienti eventualmente coinvolto nella fuga di dati, aveva deciso di ricorrere in tribunale per chiedere a Google la rimozione dell’email, ancora non letta, dall’account di un utente di Gmail.
Se da un lato le autorità ed i privati sembrano non avere più scrupoli nel chiedere a Google di rimuovere contenuti dai suoi risultati in nome dell’applicazione peculiare del diritto alla privacy, arrivando a coinvolgere anche le notizie che appaiono sui giornali o le email mandate per errore (facendo metter mano a Big G alla posta privata), Mountain View, dall’altro, sembra collaborare con zelo, provvedendo con un certo tempismo ad ottemperare alle richieste. Il risultato è che i nomi di coloro che si sono appellati al cosiddetto diritto all’oblio finiscono tra i primi risultati di ricerca legati a nuove notizie, le pagine dei risultati sottolineano come “alcuni risultati potrebbero essere stati rimossi”, e i responsabili dell’email con informazioni riservate mandata per errore al destinatario sbagliato finiscono per rischiare una magra figura.
Dopo aver ottemperato, facendo dunque finire in prima pagina i facenti appello al diritto all’oblio in Europa, e dopo le forti critiche dei giornali britannici, Google ha poi deciso di tornare sui suoi passi in alcuni dei casi coinvolti, ristabilendo i link di alcuni dei contenuti che precedentemente aveva rimosso tra i risultati delle sue ricerche.
Oltre a rischiare di mantenere sempre viva l’attenzione su chi vuole essere dimenticato, dunque, Google mostra di fatto e nella pratica i problemi sollevati dalla decisione della Corte di Giustizia dell’UE, che la obbliga a prendere posizione, operando una scelta fra tutela della privacy e libera circolazione dell’informazione.
Claudio Tamburrino