Non una vera e propria rivoluzione, ma poco ci manca. Google deposita nelle caselle di posta (quelle vere, non quelle fatte di bit) di alcuni addetti ai lavori statunitensi un album a fumetti e alza il velo su una novità per certi versi inaspettata: BigG sta lavorando ad un browser web di nuova generazione, basato su WebKit e completamente open source. Progettato tenendo in mente il web 2.0 e la sicurezza dei netizen.
Si chiama Google Chrome , e ha visto la luce negli scorsi mesi nei laboratori di Mountain View: come detto, la sua base è il motore WebKit utilizzato anche da Apple, già sfruttato da BigG per il browser di Android . A differenza però di altri prodotti che condividono lo stesso engine, Chrome adotta un principio originale per la gestione della memoria. Ciascuna tab di navigazione risiede in un processo separato e questo, spiegano, garantisce diversi vantaggi: primo su tutti, una occupazione ridotta e più razionale della memoria di sistema.
Sotto il cappello di Chrome ciascuna pagina web godrà di totale indipendenza: se questo da un lato eliminerà in un colpo solo tutte le attese legate alla virtual machine java o javascript che congela l’intero browser per colpa di una sola finestra, dall’altra garantirà anche maggiore velocità operativa e sicurezza. La velocità sarà garantita da una macchina virtuale javascript riscritta da zero, denominata V8 e definita più rapida di qualsiasi altra in circolazione: merito, spiegano i tecnici Google, di una garbage collection altamente perfezionata e di una gestione avanzata di classi fantasma che consentono una più efficace gestione degli oggetti generati durante l’esecuzione.
La sicurezza, invece, si deve ad una gestione più attenta dei processi in corso in ogni tab, con un occhio di riguardo al malware e al phishing . Il tutto grazie anche all’ impegno di lunga data di Google su questo fronte, che ha permesso la nascita di blacklist utilizzate spesso anche nei servizi di altri produttori di software. Le eventuali finestre pop-up, poi, vengono gestite all’interno della finestra che le genera, e vengono visualizzate dall’utente se e solo in caso di una sua esplicita richiesta con un clic. E poi c’è pure il porn-mode una finestra per la navigazione che non lascia traccia nella cronologia.
Per ribadire l’originalità di Chrome, BigG ne ha anche variato l’ interfaccia : le tab migrano da sotto la barra degli strumenti alla sommità della finestra, a sottolineare l’indipendenza delle pagine che potranno essere facilmente separate in finestre distinte o riunite, magari riorganizzandole per argomento. Il tutto, garantiscono i tecnici disegnati con china e matita, è stato ampiamente testato da Google stessa su milioni di pagine web, così da garantire la rispondenza agli standard e la capacità del browser di confrontarsi con veri siti.
Non mancano poi una sorta di “nuova tab” di default che contiene i 9 siti più visitati , una barra degli indirizzi più intelligente che sa perfettamente cosa l’utente vuole digitare, per non parlare dell’integrazione di Google Gears nel pacchetto affinché la scrittura di applicazioni e plugin risulti sempre più semplificata sotto l’egida del marchio di Mountain View. C’è persino una sorta di “monitor di sistema” ( task manager ) integrato nell’applicazione, per tenere d’occhio quali finestre e quali plugin stiano eventualmente attingendo alle ultime sacche di RAM rimaste libere.
Tutto questo, garantisce BigG, in perfetto stile e filosofia open. Chrome sarà in un certo senso donato alla comunità, chiunque potrà farne quello che vuole (ovviamente nel rispetto della licenza d’uso): Google dice di voler ripagare tutti quei navigatori e quegli sviluppatori che hanno fatto la sua fortuna , puntando a contribuire all’evoluzione del World Wide Web e ad offrire un aiuto concreto allo sviluppo di altri progetti come quelli di Mozilla.
Sono proprio questi ultimi ad avere più da temere dalla discesa in campo di Google nella guerra dei browser . Il peso e i capitali di BigG potrebbero senz’altro schiacciare la lunga rincorsa di Firefox al primato di Explorer: sempre che a Mountain View decidano di trasformare Chrome in una applicazione vera e propria, piuttosto che in una dimostrazione di stile in stato di beta o addirittura di alpha.
Alcuni indizi potrebbero lasciar supporre che per il momento Google non faccia (ancora) troppo sul serio: gli accordi con Mozilla Foundation per le provvigioni sulle ricerche effettuate nei loro browser sono stati appena rinnovati fino al 2011 , segno probabilmente che c’è ancora qualche mese qualche anno di tempo.
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