La Corte Federale plenaria australiana ha accolto all’unanimità il ricorso dell’ Australian Competition and Consumer Commission (ACCC), presentato ad ottobre 2011 contro Google: al centro il posizionamento e le modalità delle sue inserzioni pubblicitarie e l’impiego di marchi commerciali altrui da parte dei suoi inserzionisti.
La commissione australiana ha puntato il dito contro quattro inserzioni pubblicate da Google che, secondo l’accusa e l’ultima decisione del Tribunale, sarebbero contrarie alla normativa nazionale in materia di pubblicità ingannevole, in particolare della sezione 52 del Trade Practices Act 1974 : a Mountain View viene contestato il fatto che abbia permesso l’ utilizzo di parole chiave legate a concorrenti diretti da parte dei suoi inserzionisti .
La causa andava avanti dal 2007 : la Corte Federale ha ora ordinato che Google si adoperi per rientrare nelle disposizioni della normativa sui consumatori e paghi i costi legali finora sostenuti da ACCC .
“Si tratta di un risultato importante – ha detto il presidente di ACCC Rod Sims – perché chiarisce che Google e altri motori di ricerca debbano essere considerati direttamente responsabili per eventuali risultati a pagamento ingannevoli o fuorvianti”.
Di fatto, il tribunale australiano è arrivato a conclusioni opposte a quelle raggiunte dai tribunali europei , che non ritengono Mountain View responsabile della violazione di trademark perpetrata da inserzionisti del suo AdWords .
Claudio Tamburrino