Google e Microsoft, i “fratelli-coltelli” del moderno panorama tecnologico, trovano ancora una volta un motivo di scontro senza esclusioni di colpi. Parte all’attacco Google, che accusa apertamente Bing di “rubare” i click seguiti dagli utenti a partire dal motore di ricerca di BigG. Ci sono le prove – cioè gli screenshot – ma Microsoft ribatte e a sua volta accusa Google di lucrare sullo spam telematico.
L’ennesimo scontro tra le due superpotenze informatiche ha origine in occasione di Farsight 2011 , un evento sponsorizzato da Bing e a cui hanno preso parte l’ingegnere anti-webspam di Google Matt Cutts e il vicepresidente di Microsoft Harry Shum. Seduto accanto a Shum, Cutts ha accusato la corporation di Redmond di tenere sotto stretto controllo i click degli utenti attraverso la toolbar Bing di Internet Explorer, mimando poi la rilevanza di tali click nelle ricerche condotte sul proprio engine.
“Abbiamo le prove” ha detto Cutts, riferendosi a una serie di screenshot raccolti da una ventina di ingegneri impegnati in un “test” con query di ricerca alquanto singolari, e che nonostante la loro singolarità tendono a fornire gli stessi risultati sia in Google che in Bing .
Rispondendo alle accuse di Cutts, Shum non ha affatto negato di usare i click degli utenti per migliorare le ricerche su Bing, anzi tutt’altro: “Gli utenti che usano il motore di ricerca sono disposti a condividere le informazioni”, ha dichiarato il vicepresidente Microsoft, sostenendo che la sua azienda si comporta alla stessa maniera della concorrenza.
Ma Cutts ha ribattuto sostenendo che Google non usa i click su Bing per migliorare i suoi ranking , e alla fine del panel di discussione lo scontro si è spostato sui blog corporate delle due aziende : “Noi siamo pronti a competere con algoritmi di ricerca realmente nuovi in circolazione – ha dichiarato Amit Singhal di Google – algoritmi basati sull’innovazione, e non su risultati di ricerca riciclati e copiati da un concorrente”.
In questo caso la risposta di Microsoft arriva ancora una volta dal vicepresidente Harr Shum, che in un post spiega: “Noi usiamo 1.000 diversi segnali e tratti distintivi nei nostri algoritmi di classificazione”, e uno di questi segnali sono “le informazioni di clickstream ottenuti da alcuni dei nostri clienti, che accettano di condividere dati anonimizzati durante la navigazione del web per aiutarci a migliorare l’esperienza per tutti”.
Le accuse di Google sono infondate, continua Shum, anzi sono esagerate ad arte per generare “rumore” in alcuni ranking di ricerca e Microsoft le considera come “un complimento” per i risultati raggiunti da Bing in questi mesi.
A questo punto tutto sembrava finito. Microsoft ha deciso però di riaprire la partita accusando a sua volta Google di fare affari d’oro con lo spam: stando a quanto sostiene Shum, dietro la creazione dei siti-spazzatura c’è un forte incentivo economico e Google vi gioca un ruolo di primo piano. “Il 70 per cento di queste pagine mostra Google Ads”, rilancia Shum.
Alfonso Maruccia