In ballo c’è un contratto da circa 60 milioni di dollari , un patto quinquennale per la fornitura di servizi nella nuvola ai quasi 90mila dipendenti del Dipartimento degli Interni (DOI) degli Stati Uniti. Una succulenta opportunità di business per Google, che già nel giugno 2009 aveva iniziato a proporre alle autorità federali una serie di soluzioni alle esigenze di gestione in remoto come quelle legate alla posta elettronica e alla messaggistica istantanea.
E l’azienda di Mountain View l’aveva spiegato a chiare lettere: i vari tool di Google Apps avrebbero permesso al DOI di risparmiare e al contempo di sfruttare soluzioni più elastiche e veloci. Ma bisognava attendere quello che negli Stati Uniti viene chiamato Request for Quotation (RFQ), un documento in cui le autorità a stelle e strisce chiedono alle varie aziende di stilare un dettagliato preventivo per la conseguente adozione delle proprie soluzioni ad un determinato problema, tecnologico o meno.
Ma il contenuto del documento non era affatto piaciuto alla Grande G: ognuna delle soluzioni in the cloud proposte avrebbe dovuto mostrare una chiara compatibilità con la Business Productivity Online Suite-Federal (BPOS-Federal) di Microsoft . I vertici del DOI avevano anche spiegato il perché, sottolineando come almeno due feature della piattaforma made in Redmond fossero d’importanza cruciale per le necessità gestionali interne. Nel paper RFQ l’accento è stato posto su un servizio consolidato di posta elettronica nonché su un livello “potenziato” di sicurezza.
Google è ora passata all’attacco per vie legali, avviando una causa contro le stesse autorità del Dipartimento degli Interni. I vertici federali avrebbero di fatto estromesso l’azienda di Mountain View dalla corsa per la firma sul contratto di fornitura , dal momento che la suite Google Apps non risulta affatto compatibile con la BPOS-Federal di Microsoft. Secondo i termini dell’azione legale, il DOI dovrebbe bloccare ogni attività volta all’assegnazione di una licenza frutto di pratiche anti-competitive.
La battaglia per la conquista della nuvola sembra essersi di colpo inasprita. Microsoft aveva già siglato un altro accordo quinquennale con il sindaco di New York Michael Bloomberg, per il trasferimento di 100mila lavoratori pubblici verso gli ambienti software made in Redmond . Forse una risposta alla precedente mossa di BigG, che si era assicurata circa 30mila dipendenti della città di Los Angeles.
Mauro Vecchio