Come era trapelato da alcune indiscrezioni , Google ha acquistato la startup ITA, azienda specializzata nell’ informazione sui viaggi in particolare destinata ai passeggeri aerei e che offre servizi relativi all’acquisto o al cambio di biglietti aerei.
L’operazione è costata 700 milioni (è la più consistente da dopo l’acquisto di AdMob) e, secondo le intenzioni, dovrebbe permettere al motore di ricerca di facilitare ai propri utenti il rapido accesso alle informazioni relative ai viaggi, ai voli e alle tratte aeree, andando così a colmare una mancanza di Mountain View (maggiormente impegnato nel settore era invece, per esempio, Bing).
Per il momento resta esclusa l’intenzione di vendere direttamente i biglietti aerei , servizio attualmente offerto da ITA. La sinergia potrebbe invece, spiega Marissa Mayer, permettere a Google di rispondere a tutta a una serie di domande del tipo “dove posso arrivare con sette ore e questo ammontare di soldi?”, oppure di far destreggiare gli utenti tra le innumerevoli tariffe disponibili online: pur non richiamando alla mente direttamente un marchio di successo, l’azienda ha delle tecnologie molto utilizzate dagli intermediari del settore del turismo, tanto da ricoprire un ruolo chiave nel settore delle prenotazioni online.
Proprio per questo i concorrenti diretti come Orbitz o eBookers temono l’ingresso di BigG nel proprio mercato, al punto che uno di loro, Expedia, tramite l’agenzia di viaggi online Kajak, avrebbe fatto un tentativo per frapporsi alla conclusione della trattativa a favore di Mountain View (tentativo andato a vuoto perché avviato quando le parti erano già in contrattazione esclusiva). Il CEO di Yapta, spiega , d’altronde, che tutte loro diventeranno “molto dipendenti da Google”, sia per la licenza delle tecnologie che per il traffico. A preoccupare maggiormente è il legame tra il leader indiscusso dei motori di ricerca e un’azienda che ha un ruolo cruciale nel settore dei viaggi: tanto che alcuni osservatori hanno avanzato l’ipotesi di un’approvazione da parte della FTC come nel caso di AdMob.
Claudio Tamburrino