Su alcuni quotidiani già si evoca la “disfatta” di Google, la rivalsa dell’editoria classica tendente a rappresentare un’involuzione a tinte forti per la tradizionale gratuità di accesso ai contenuti caratteristica di Internet. La realtà, come spesso succede, sta da tutt’altra parte e Google non sembra poi così intenzionata a concedere quel cambiamento di rotta che i tycoon dei media chiedono da tempo a gran voce sino a minacciare rotture senza precedenti.
Il cambiamento, annunciato sul blog di Google, riguarda il piano “First Click Free” (o Primo clic gratis in italiano) con cui agli utenti di Google è concesso visionare nella loro interezza quei contenuti generalmente disponibili solo con una sottoscrizione a pagamento (vedi alla voce Wall Street Journal e non solo), presentando una pagina di richiesta di abbonamento qualora si faccia click su un qualsiasi link della pagina interessata.
Il sistema, dice Google, è stato pensato come mediazione tra l’esigenza degli editori di monetizzare i contenuti, quella dei crawler di Mountain View di avere accesso al testo da indicizzare e infine quella degli utenti di visionare “anteprime” abbastanza ampie del servizio offerto. Ma è un sistema che si presta a facili abusi visto che attraverso Google Notizie e Google Search è possibile dribblare facilmente la sottoscrizione e fruire dei contenuti gratuitamente.
Per evitare il perpetrarsi di tali abusi e rassicurare i publisher sulla giustezza dello “spirito” di First Click Free, Google ha stabilito la possibilità (per gli editori interessati) di fissare dei paletti nel servizio e la limitazione nel suo utilizzo per un massimo di cinque volte al giorno . Superate le cinque visite, l’utente (opportunamente identificato dal sito con metodologie non meglio precisate) dovrà giocoforza abbonarsi, attendere 24 ore o passare ad altra tipologia di servizio editoriale.
Da qualunque lato la si guardi, la notizia non preclude insomma a quella clamorosa rivoluzione dell’approccio di Google ai contenuti editoriali che in molti , in Italia , pregusterebbero – per giunta in conflitto con intenzioni negative e poco entusiastiche opinioni degli editori nostrani nei confronti dell’accesso libero alle notizie standardizzato da Google News.
La minaccia di Rupert Murdoch di rimuovere i suoi giornali da Google continua infine a rimanere al palo, tanto più che le precedenti rivelazioni sui contatti tra News Corp e Microsoft per un accordo di esclusiva tra il gigante dei media australiano e il portale Bing verrebbero ora ridimensionate da fonti interne a Microsoft stessa. Difficilmente Redmond pagherà Murdoch o chiunque altro per chiamarsi fuori dai server di Google, dicono le fonti, e un eventuale accordo con agenzie di stampa e grandi editori potrebbe portare a nuove modalità di aggregazione e presentazione dei contenuti su Bing piuttosto che a una censura dei crawler di Mountain View.
Alfonso Maruccia