Google ha avviato un’importante transizione verso il “mainstream” per le proprie tecnologie di machine learning , strumenti e tecniche di intelligenza artificiale applicata già ampiamente usate all’interno della corporation e che saranno sempre più a disposizione di clienti e soggetti esterni . Perché il futuro, nel cloud, è la IA con machine learning. Parola di Eric Schmidt.
Nasce dunque Cloud Machine Learning (CML), una nuova piattaforma che Google dice essere alla base dei suoi servizi online più all’avanguardia come la ricerca delle immagini (Photo) o tra i dati vocali, Translate e la funzionalità Smart Reply di Inbox.
Già disponibile in versione di preview limitata, CML è composta da due parti distinte che si incaricano della creazione di nuovi modelli di machine learning a partire da dati esterni oppure di applicare modelli di IA già “addestrati” ai suddetti dati. I modelli preesistenti includono API come Cloud Vision e Cloud Speech , l’interfaccia di Mountain View per la conversione da audio a testo compatibile con più di 80 lingue diverse.
Nella visione di Google, aziende e sviluppatori dovrebbero usare i nuovi strumenti di CML per raccogliere i dati, processarli ed estrarre i nuovi modelli di IA basata su machine learning: tutto senza mai lasciare la piattaforma cloud di Mountain View, beninteso, che in certi casi offrirà un portale di accesso gratuito (vedi la suddetta API Cloud Speech) e poi presenterà il conto.
Dopotutto le intelligenze artificiali distribuite basate su machine learning sono il futuro di tutto, preconizza il presidente di Alphabet/Google Eric Schmidt, una tecnologia in gradi di fare le cose “meglio degli umani” che sarà alla base delle “cose enormi” in arrivo nel futuro.
Scendendo un attimo dalle nuvole delle previsioni di Schmidt, con CML Google intende espandere il proprio business telematico a discapito di una concorrenza onnipresente (AWS) e sempre più agguerrita (AWS): Mountain View vuole accaparrarsi nuovi clienti di alto profilo come Disney e Coca-Cola , e per farlo è ben disposta a investire risorse ingenti nella realizzazione di 12 nuovi data center (o regioni “cloud”) in giro per il mondo entro la fine del 2017.
Alfonso Maruccia