Una strategia audace, che ha portato la catena di grandi magazzini statunitense JC Penney a scalare rapidamente le classifiche di posizionamento sui motori di ricerca. Un’ascesa insolita, smascherata da un recente articolo pubblicato sulle pagine online del New York Times . Il sito del retailer a stelle e strisce era riuscito in pochi mesi a presidiare le più svariate aree web restituite da Google .
Uno schema nato per aggirare le policy del motore di ricerca made in Mountain View , per fare in modo che alle più svariate interrogazioni degli utenti rispondesse sempre lo stesso spazio web. Il sito di JC Penney risultava continuamente al primo posto nel ranking di Google , per qualsiasi tipologia di merce cercata. Dai tappeti all’abbigliamento, dagli accessori alle valigie.
L’inchiesta del NYT è partita proprio da qui : alla query di ricerca valigie Samsonite il sito di JC Penney veniva restituito prima ancora di quello ufficiale di Samsonite . Il quotidiano statunitense ha dunque deciso di reclutare una squadra di esperti in Search Engine Optimization (SEO). Da qui la scoperta: il sito della catena statunitense aveva fatto leva su circa 2mila siti terzi.
Migliaia di siti assolutamente estranei alle attività di JC Penney , spesso contenenti dei link testuali particolarmente descrittivi. Questa massa di spazi web esterni ha portato quello di JC Penney ad un clamoroso balzo nelle classifiche del ranking di BigG. La nota catena statunitense ha però sottolineato la sua assoluta estraneità a quanto accaduto.
Pare infatti che gli stessi vertici di JC Penney abbiano deciso di spezzare qualsiasi legame con la società SearchDex , assoldata in precedenza per questioni di SEO. Il googler Matt Cutts ha immediatamente preso provvedimenti , modificando il funzionamento degli algoritmi in seguito ad un intervento manuale. Intervento che sembra riuscito: il sito di JC Penney è letteralmente tracollato nelle classifiche del search.
Non è la prima volta che qualcuno riesce ad ingannare i meccanismi di funzionamento del search di Google. Il sito di e-commerce DecorMyEyes aveva sfruttato le recensioni negative dei suoi utenti – dal momento che si trattava di merce contraffatta – per scalare rapidamente le classifiche dei risultati. Anche in quel caso c’era stato un intervento manuale dell’azienda di Mountain View.
Mauro Vecchio