Ha iniziato ricordando il fondamentale principio tutelato dall’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani . Ovvero quello che garantisce la libertà d’espressione e d’opinione senza interferenza alcuna. Si intitola maggiore trasparenza sulle richieste governative un recente intervento del chief legal officer di Google David Drummond, apparso tra le pagine online del blog ufficiale di BigG.
L’azienda di Mountain View ha lanciato sul web un particolare strumento , a gettare luce sulle continue pressioni da parte dei vari governi del mondo su determinati contenuti del suo motore di ricerca nonché della sua piattaforma di video sharing YouTube. Richieste di rimozione di filmati, comunicazioni dai vari centri di potere per ottenere i dati personali degli utenti .
Attraverso Google Maps è stata così fatta chiarezza , nella lotta per una maggiore trasparenza su censure e pressioni governative, giunte al quartier generale della Grande G tra gli inizi dello scorso luglio e la fine dell’anno 2009. Il Brasile avrebbe così vinto il torneo dei paesi più attivi in tal senso, con più di 3600 richieste inoltrate a Google. Secondo classificato, gli Stati Uniti con più di 3500 richieste; terzo il Regno Unito, ma con un numero più esiguo (nemmeno 1200).
Il Brasile ha anche vinto un’altra classifica, quella dedicata alle richieste di rimozione di contenuti e filmati del Tubo . Dai numeri – ovviamente da prendere con le dovute cautele statistiche – è emerso che 291 richieste sono arrivate dal paese verdeoro , seguite dalle 188 della Germania e dalle 142 dell’India. Non presenti i dati relativi alla Cina, perché coperti dal segreto di stato.
“In larga parte queste richieste sono legittime – ha spiegato Drummond – e le informazioni necessarie perché utili ai fini di processi o per la lotta alla pedopornografia”. Drummond ha poi sottolineato come Google sia convinta che una maggiore trasparenza conduca comunque ad un minore livello di censura in ambito governativo.
Un impegno, dunque, che giunge ufficialmente in coincidenza con la recente lettera aperta dei vari garanti della privacy di paesi come l’Italia e il Regno Unito, che hanno bacchettato BigG per via del discusso social tool Buzz. Drummond ha ribadito l’adesione della sua azienda alla Global Network Initiative , gruppo a difesa della libertà d’espressione online che ha come membri attivi anche Microsoft e Yahoo!.
Mauro Vecchio