In occasione di una audizione sullo stato di salute del mondo dell’informazione online, Microsoft ha espresso un punto di vista estremamente duro – ma debitamente argomentato – circa l’eccessiva invadenza di Google sul mondo del Web. Lo ha fatto per voce del Presidente Brad Smith, presso la commissione antitrust, sottolineando come i temi trattati siano chiaramente importanti per lo stato di salute dell’informazione e, di conseguenza, per la solidità della democrazia negli Stati Uniti.
Microsoft: Google e l’informazione
Smith ha iniziato il proprio intervento con una lunga analisi su ciò che l’informazione sta affrontando e sulle sfide che la digitalizzazione presenta. Ma è arrivato infine al ruolo di Facebook e Google (nuovi gateway dell’informazione online), focalizzandosi infine proprio su quest’ultimo. A differenza di Facebook, infatti, Google permea il settore con una moltitudine di servizi e di offerte, arrivando ad avere un’influenza senza pari sul modo in cui le notizie vengono trovate e fruite. Opinione di Microsoft, insomma, è che il problema non stia tanto nelle numeriche affrontate da Mountain View, quanto nella molteplicità di canali attraverso cui Google influisce sui flussi dei navigatori, degli editori e delle notizie.
Secondo Microsoft, questa presenza capillare di Google lungo tutta la filiera impedisce di fatto una vendita diretta degli spazi da parte degli editori, restringendo le possibilità di monetizzazione e comprimendo quindi le possibilità di investimento. Quella che Google descrive come una simbiosi, Microsoft la descrive come un’azione parassita: “follow the money” per comprendere da che parte stia la ragione.
Mentre è importante riconoscere che il traffico referral ha valore, la monetizzazione di questo traffico è diventata sempre più complessa per gli editori perché la maggior parte dei profitti è spremuta da Google. Google ha a tutti gli effetti trasformato se stessa nella “prima pagina” per le news, possedendo la relazione con i lettori e relegando i contenuti a semplici commodity sulle sue proprietà.
L’analisi Microsoft è dunque approfondita: non vede una vera e propria azione illegale in ciò da parte di Google, ma al tempo stesso descrive la presenza del motore di ricerca come un elemento che toglie risorse al comparto diventando causa primaria delle sue difficoltà.
Che fare, dunque? Microsoft raccomanda anzitutto agli editori di continuare ad innovare, perché il giornalismo deve anzitutto riscrivere le forme con cui opera nella società. Impossibile recriminare contro Google se in primis non c’è una pulsione innovativa in grado di reinterpretare il giornalismo (e questa è anche una valida lezione per il comparto in Italia). Le aziende tech dovranno però fare la loro parte, assecondando questa evoluzione senza ostacolare le sperimentazioni che il mondo dell’editoria tenterà. Quanto successo in Australia è secondo Microsoft il segnale che le cose stanno rapidamente cambiando: nel momento in cui l’ipotesi del “pay per link” è esclusa a livello legislativo (un punto fermo sul quale non si può chiaramente transigere), allora il fatto di chiedere un contributo a beneficio dell’industria della produzione editoriale diventa qualcosa di lecito e che va portato avanti con trattative trasparenti e termini chiari.
Microsoft non usa mezze parole nel richiedere maggior equilibrio nel mondo della ricerca online, ricordando come il proprio Bing abbia serie difficoltà ad inserirsi laddove Google non lascia spazi di manovra. Il che, tra le righe, è una mano tesa agli editori: se solo Bing avesse maggiori opportunità, si creerebbe una maggior concorrenza che andrebbe a beneficio delle recriminazioni di quanti da Google vorrebbero condizioni migliori per i contenuti offerti all’indicizzazione. Questione di riequilibrio di mercato, insomma.