Mentre il mondo cerca di voltare la clessidra della pandemia, nell’auspicio che possa iniziare la fase calante verso la risoluzione del problema, il mondo delle aziende va riorganizzandosi attraverso la sfidante linea di confine dello smart working. Più volte abbiamo infatti sottolineato come non sia soltanto una questione normativa o organizzativa, ma anche culturale: sia l’azienda che il lavoratore debbono trovare un nuovo punto di incontro e un nuovo codice di intesa, cercando la migliore delle soluzioni per rendere il lavoro agile proficuo e, al tempo stesso, privi di lacci che possano imbrigliarne i vantaggi. Ieri la firma di Ericsson, oggi l’annuncio di Google, il tutto all’interno di un flusso di trattative che nel lungo periodo molto inciderà sulle future politiche del lavoro.
Google e la formula ibrida
Tra le linee di maggior interesse che emergono dall’annuncio di Sundar Pichai, CEO del gruppo di Mountain View, v’è l’idea di un approccio ibrido al tema, con lo smart working che andrebbe ad integrarsi organicamente nelle modalità di lavoro contemplate dal gruppo. Ma con una sfumatura aggiuntiva non certo di poco conto: rendere realmente “smart” una modalità di lavoro non significa agire soltanto sui tempi, ma anche sugli spazi. Sulle distanze, soprattutto. Google vuole fare in modo che l’azienda non perda quella ricchezza che ancora vede nell’incontro tra le persone, nella commistione di idee che si basa sulla compresenza, sul faccia a faccia. Per questo la formula ibrida va esaltata attraverso una riorganizzazione più globale che coinvolge anche gli uffici.
L’idea è quella di garantire tempi flessibili, nei quali la settimana possa prevedere tre giorni in ufficio e due presso la propria abitazione (o altrove, in libertà), ma al tempo stesso il gruppo intende cercare un maggior numero di uffici nel mondo per far sì che i dipendenti possano realmente avere una scelta e non debbano sacrificare completamente casa e famiglia sull’altare della professionalità.
Inoltre un maggior numero di dipendenti potrà lavorare completamente da casa, con aggiustamenti sui compensi basati sul costo della vita. Le modalità saranno dunque variegate, con libera scelta da parte dei dipendenti sulla base delle prospettive che l’azienda andrà a prefigurare. Coloro i quali vivono in zone ancora colpite fortemente dal Covid, invece, avranno libertà totale e Google raccomanda massima attenzione: la salute prima di tutto, con il gruppo pronto a supportare questi “Googlers” in ogni modo.