Dopo aver da poco acquistato SayNow , startup specializzata in servizi di voice messaging, Google si allea con Twitter per correre in soccorso dei cittadini coinvolti nei disordini in Egitto.
L’idea, nata dalla collaborazione delle due piattaforme, è quella di offrire un servizio speak-to-tweet , ossia la possibilità di twittare usando una connessione voce . “Abbiamo lavorato con un piccolo gruppo di ingegneri di Twitter, Google e SayNow per rendere questa idea una realtà” si legge sul blog di Mountain View.
Il servizio consente, dunque, di poter cinguettare semplicemente lasciando un messaggio su tre numeri internazionali messi a disposizione che, successivamente, il sistema trasforma in tweet adottando l’hashtag #egypt. Non è richiesta la connessione a Internet , e i navigatori potranno anche ascoltare i messaggi digitando i numeri a disposizione o, in caso di connessione, navigare su twitter.com/speak2tweet .
L’intento dichiarato è quello di facilitare i contatti tra e con i manifestanti che in questi giorni stanno protestando duramente contro il presidente Mubarak.
Il nuovo servizio diventa fondamentale dopo che anche Noor Group (unico provider a essere rimasto in piedi dopo il blackout totale di Internet nel paese nordafricano) ha improvvisamente interrotto il proprio servizio . Tale interruzione è stata registrata intorno alle 11:00 serali dello scorso lunedì secondo James Cowie, capo dell’area tecnologica di Renesys, azienda statunitense che si occupa di monitorare il traffico online.
E nonostante l’arresto forzato delle connessioni, risulta evidente il ruolo essenziale dei social media nella diffusione di notizie, immagini e informazioni circa la situazione egiziana. A tale proposito, Sysomos , azienda impegnata nel monitoraggio e analisi dei social media, si è preoccupata di rilevare quanti individui hanno utilizzato Twitter in Egitto, Tunisia e Yemen per raccontare le proteste politiche in corso.
“Abbiamo preso in considerazione 52 milioni di utenti Twitter e scoperto che solo 14.642, pari allo 0,027 per cento, rilevano le proprie ubicazioni in Egitto, Yemen e Tunisia”, afferma Mark Evans, analista di Sysomos. “È importante notare che probabilmente questo numero non riflette il reale numero di utenti Twitter dal momento che molti di loro localizzati in Egitto, Tunisia e Yemen non forniscono la localizzazione per proteggere la propria identità”, aggiunge Evans.
All’impegno di Twitter e Google, si unisce anche quello di YouTube , che ha deciso di evidenziare tutti i video che raccontano delle proteste in Egitto , per far conoscere al mondo cosa sta accadendo in questi giorni a Il Cairo, Alessandria, Suez e in ogni parte del paese mediterraneo.
Cristina Sciannamblo