Che il potente occhio di Google si sia rivelato un utile strumento per osservare la superficie terrestre (e non solo quella) è ormai un dato di fatto: grazie ai vari servizi messi a disposizione da BigG sono stati osservati meglio angoli di mondo sino ad ora poco conosciuti. L’ultima scoperta fatta utilizzando Google Earth, però, si candida come pretendente al trono di regina delle ricerche geologiche: Atlantide , la città descritta da Platone e che, stando alla leggenda, sarebbe sprofondata tra i flutti.
In barba ai numerosi presunti avvistamenti dislocati in varie parti del globo terrestre, Atlantide potrebbe trovarsi a un migliaio di chilometri a nordest delle coste del Marocco: una porzione di fondale sottomarino di forma rettangolare sarebbe, secondo qualcuno, la traccia visibile della città. Situato alle coordinate 31 15’15.53N, 24 15’30.53W, si presenta alla vista come un vero e proprio reticolo strutturato con tanto di mura esterne e strade, la cui grandezza sarebbe pari a circa la superficie del Galles. Il sito si troverebbe ad una profondità di 3,5 chilometri.
La scoperta sarebbe attribuibile ad un ingegnere al servizio della Marina britannica che, zoomando in maniera del tutto casuale, ha notato l’insolita immagine . Il riferimento ad Atlantide appare più che scontato, sia per la diffusione del mito, sia per la grandezza del sito in questione. La notizia, subito diffusa in rete, ha generato un grande hype, facendo gridare al miracolo. A stemperare l’entusiasmo ha pensato però Google, che in una nota ufficiale ha descritto l’immagine come un artificio ottico.
“Nonostante alcune sorprendenti scoperte siano state fatte proprio utilizzando Google Earth, in questo caso quello che vedono gli utenti è un effetto ottico frutto del processo di raccolta dei dati” spiega una portavoce di Google. “In questo caso, le linee visualizzate rappresentano le rotte di alcune navi che effettuano dei rilievi batimetrici nella zona, ovvero la misurazione del fondale mediante l’utilizzo di sonar”.
Una tesi, quella di Google, che smentisce ogni altra ipotesi e che sarebbe rafforzata dal ripresentarsi di fenomeni simili anche a largo delle coste di Irlanda e Norvegia. Nonostante ciò, c’è chi diffida dalle parole di Google, che potrebbero essere intese dagli amanti del mistero e della mitologia come un tentativo di insabbiamento della vicenda.
Quello che appare sicuro è che, nonostante il potente occhio di Google, la verità potrebbe essere svelata solo dall’occhio umano: per sapere cosa c’è (o non c’è) in quel determinato luogo, di cui si conoscono le coordinate, basterebbe fare delle ricerche più approfondite. Sarebbe del tutto plausibile che qualche novello Tomb Raider decidesse di tentare l’impresa.
Vincenzo Gentile