Trascorse un paio di settimane dal pronunciamento in Australia del governo che ha anticipato l’obbligo per Google e gli altri colossi del mondo online (a partire da Facebook) di pagare gli editori per gli articoli indicizzati, il gruppo di Mountain View offre oggi la propria replica.
Google risponde all’Australia sul rapporto con gli editori
Il post firmato da Mel Silva (Managing Director e VP di Google Australia) è articolato e approfondito, ma ben sintetizzato nel passaggio in cui bigG fornisce risposta alla domanda “Perché Google non paga gli editori delle notizie per mostrare i loro siti nei risultati della ricerca?”, la riportiamo di seguito in forma tradotta.
Nel mondo offline della carta stampata per lungo tempo gli editori hanno pagato i negozianti, le edicole e i chioschi per distribuire i loro quotidiani e magazine, riconoscendo il valore del portare pubblico ai loro contenuti e alle inserzioni pubblicitarie che li affiancano. Gli editori forniscono locandine con i titoli in primo piano alle edicole così che queste le possano mostrare in vetrina e invogliare i clienti ad acquistarne una copia.
In breve, la società californiana spiega perché non corrisponde un compenso agli editori per l’indicizzazione degli articoli nelle SERP generate dal motore di ricerca, sottolineando come proprio l’attività del servizio sia di fondamentale importanza per portare i lettori sui loro siti e di conseguenza aiutarli a generare profitti dall’advertising o spingendoli a sottoscrivere un abbonamento. Google come la vetrina di un’edicola dunque, che le testate possono sfruttare a loro beneficio per promuovere i contenuti e ampliare il proprio pubblico.