Google ha rilasciato in giornata il nuovo Community Mobility Report, una interessante analisi sulla mobilità delle persone messa a punto in collaborazione con la comunità scientifica al fine di dar vita ad un elemento fondamentale per un processo decisionale “data driven”.
Misurare gli spostamenti delle persone significa, per logica deduzione, misurare le possibilità di assembramento sul territorio e quindi l’aumento statistico delle possibilità di contagio. I numeri non dicono tutto, ma possono essere un’utile cartina di tornasole per comprendere eventuali errori nelle misure di contenimento, guidando così le relative deduzioni di cui può far tesoro chi guida i processi decisionali.
Così Google misura l’isolamento
Punto primo: la privacy è tutelata. Si tratta non di legare i dati al singolo utente, ma di legare i dati ad una serie di categorie aggregative che consentono di capire dove le persone stanno insistendo con maggior intensità. La posizione del singolo utente è dunque garantita poiché in nessun modo è possibile risalire alla posizione di una singola persona in un preciso momento: il tutto è frutto invece di dati aggregati che, in forma aggregata, vengono analizzati e sviluppati per dar loro significato. Google specifica inoltre come tale report sarà disponibile soltanto durante l’emergenza Covid-19, dopodiché sarà probabilmente sospeso: la sua utilità è meramente politica, ossia il fornire un supporto aperto alle istituzioni di tutto il mondo che stanno mettendo a punto le migliori strategie per rallentare la pandemia.
Se ad esempio le cifre indicano una eccessiva presenza sui mezzi pubblici, allora ciò potrebbe suggerire alle autorità la necessità di misure più stringenti per gli spostamenti o per le chiusure delle attività. Se troppe persone si recano al parco, allora è il momento di una stretta sui runner o sulle passeggiate (o almeno su una maggior linearità nelle circolari in uscita dai ministeri). L’analisi aggregata dei dati, pur se anonimi, è dunque utile proprio a calibrare i processi decisionali, esattamente nella misura in cui il Ministero dell’Innovazione sta chiedendo a 74 esperti di creare un supporto di questo tipo al Governo per capire come pianificare la “fase 3” della lotta al Coronavirus.
I dati Google per l’Italia
Il report è basato sui giorni antecedenti alla data del rilascio. Il report disponibile oggi è datato 2 aprile, relativo ad un periodo che inizia a metà febbraio ed arriva a fine marzo. Riflette dunque una situazione relativamente stabile, nel mezzo del lockdown e degli appelli delle istituzioni a rimanere in casa per contenere il contagio. Sono questi giorni in cui i movimenti sono autorizzati soltanto per motivi di lavoro, per strette necessità o per l’approvvigionamento dei beni di prima necessità: tutto ciò si riflette nei dati statistiche se seguono (ottenuti grazie alle informazioni sul posizionamento delle persone da geolocalizzazione di Android).
La situazione italiana è disponibile nell’apposito documento pdf dedicato.
La prima fotografia del Google Community Mobility Report ben illustra quello che è stato il crollo nello spostamento delle persone nel tempo, con un -94% di presenze nei luoghi identificati come “retail e recreation” (bar, ristoranti, eccetera); affossata anche la presenza nei negozi – alcuni dei quali chiusi del tutto, lasciando aperti solo quelli di prima necessità – e nei parchi.
La seconda immagine testimonia invece la diminuzione nell’uso dei mezzi pubblici, nonché la presenza sul posto di lavoro (ove però la diminuzione è tardiva e dove è evidente come un 40% degli utenti continui a presenziare). Lo smart working, pur se caldeggiato, non è dunque ancora una misura adottata in modo troppo radicale.
I dati della regione Lombardia
Il report consente inoltre di leggere in modo particolarmente interessante i dati delle singole regioni: nelle immagini successive abbiamo preso in esame ad esempio quelli della regione Lombardia, in assoluto quella più colpita dalla Covid-19. I dati possono essere esaminati in modo dettagliato consentendo una lettura di quanto immediata sia stata la risposta rispetto a quel che succedeva. Questa, ad esempio, la risposta al lockdown imposto dal Governo a partire dal 9 marzo: i consigli di rimanere a casa avevano soltanto diminuito in piccola parte gli spostamenti, che sono invece piombati dopo il noto DPCM di chiusura. Attenzione a un dettaglio pericoloso, però: si noti l’aumento della presenza sul posto di lavoro negli ultimi giorni, questione che andrà sicuramente approfondita fin dal prossimo report al fine di evitare effetti deleteri sulle misure di contenimento.
Il medesimo provvedimento di chiusura ha affossato in Lombardia anche la presenza presso le stazioni dei mezzi pubblici. Si noti l’ultimo picco, corrispondente con le fughe verso sud di cui molto si è parlato, dopodiché il “plateau” della mobilità è stato presto raggiunto e conservato.
Molto interessante lo schema relativo alla presenza nei parchi, dove si notano gli alti e bassi dei giorni in cui si discuteva della possibilità di far jogging nei parchi. Questo schema spiega molte cose su questa questione tanto controversa, dove la logica avrebbe voluto consentire il movimento vietando gli assembramenti, ma dove le masse non sono state in grado di recepire contemporaneamente entrambe le indicazioni e si è arrivati pertanto ad un lockdown definitivo che ha presto liberato i campi restituendoli appieno alla natura. Prima della chiusura completa, la presenza nei parchi era addirittura aumentata, fino al 40%, rispetto alla norma: è evidente che in quella fase qualcosa non ha funzionato e la chiusura successiva è stata in gran parte dovuta a quell’improvvisa e irresistibile passione dell’Italia per corse e passeggiate nel verde.
Il picco di presenza in negozi e farmacie è relativo al periodo pre-chiusura, quando l’allarmismo ebbe la meglio sulla razionalità. Poi la discesa è stata progressiva, dettata dai provvedimenti di chiusura e utile ad affossare gli assembramenti e le code soprattutto nei weekend.
Una analisi di questo tipo è di grande utilità per comprendere l’efficacia e l’opportunità di misure (passate o future) per insistere sul contenimento e tentare di pianificare le politiche di uscita dall’emergenza. Quando la classe politica proporrà nuove improvvisate soluzioni – da qualsiasi orientamento provengano – ogni argomentazione dovrà essere suffragata da valutazioni di questo tipo, poiché questo è il momento di far parlare la scienza, la statistica e l’analisi puntuale. Alla politica il compito dell’interpretazione.