Un sistema di etichette che renda chiaramente visibile agli utenti del proprio motore di ricerca quali siano i risultati offerti dai propri servizi di search verticale, maggiore flessibilità offerta ai concorrenti che decidano di non comparire fra i contenuti selezionati da tali servizi, nessuna esclusività rispetto ai servizi di advertising: la Commissione Europea ha reso pubbliche le proposte avanzate da Google per diradare i dubbi rispetto ai sospetti di abuso di posizione dominante. Ora spetterà ai contendenti della Grande G, al mercato, ai consumatori e alle autorità valutare se queste soluzioni sappiano ristabilire la concorrenza nel panorama europeo.
Le proposte di Google , consegnate il mese scorso all’Europa, potrebbero rappresentare l’ultimo passo di un lungo percorso di accuse da parte di una nutrita schiera di concorrenti sul mercato del search generalista e settoriale e dell’advertising online, di indagini e dimostrazioni di buona volontà . Dispiegando per cinque anni il proprio impegno negli ambiti in cui la Commissione Europea ha formalizzato le proprie preoccupazioni, Google auspica che le misure proposte rassicurino tanto la concorrenza quanto le autorità, così come avvenuto sul mercato statunitense .
In primo luogo le remedy di Google si concentreranno nell’attenuare la rilevanza offerta, fra le pagine dei risultati, ai suoi stessi servizi di ricerca settoriale. I link a questi servizi verranno chiaramente etichettati e distinti rispetto ai link generati dagli algoritmi in maniera tradizionale. Per garantire la possibilità di scelta, e per offrire una competizione alla pari ai propri concorrenti, Google mostrerà in maniera evidente collegamenti a tre operatori di search verticale che offrono servizi analoghi, ad esempio nell’ambito dello shopping, piuttosto che nell’ambito della ricerca di attività commerciali.
L’altro motivo per cui numerosi attori del mercato hanno puntato il dito contro Mountain View è il riuso dei loro stessi contenuti all’interno di servizi marchiati Google, si tratti di recensioni create dagli utenti per locali pubblici, fagocitate da Google Places, piuttosto che di notizie, riproposte nelle anteprime di cui si compone Google News. Per i produttori e gli aggregatori di questi contenuti sarà più facile scegliere di non essere inclusi nei servizi della Grande G : Google promette dei meccanismi di opt-out semplici da imbracciare e chirurgici nella loro efficienza, cosicché ciascuno di questi attori possa tarare la propria presenza sui servizi verticali di Google in base alle proprie esigenze, senza per questo venire penalizzato nel ranking del motore di ricerca generalista.
Per quanto attiene l’ambito dell’advertising, secondo la Commissione Europea Google da un lato presserebbe i produttori di contenuti affinché stringano rapporti privilegiati con le sue piattaforme pubblicitarie e dall’altro vincolerebbe gli inserzionisti all’esclusiva con AdWords, senza la possibilità di esportare le campagne su piattaforme concorrenti, strozzando così il mercato e scoraggiando la creazione di strumenti innovativi. Mountain View propone ora di sciogliere il regime di esclusività per offrire ai propri utenti una maggiore libertà di scelta e alla concorrenza la possibilità di competere alla pari.
Questi gli impegni sottoscritti da Google: a decidere se si dimostreranno sufficienti per ripristinare una maggiore competitività sul mercato e per abbattere le barriere all’ingresso di nuovi attori rilevate dall’antitrust saranno le analisi che verranno stilate e consegnate alla Commissione Europea. Le premesse non appaiono rassicuranti per Google. FairSearch, coalizione nella quale militano aziende quali Microsoft, Oracle e Nokia che in passato ha accusato Google di abusi su diversi fronti, ha già collezionato un florilegio di pareri rispetto alla soluzione di Mountain View. Se il portavoce Thomas Vinje sottolinea che le remedy proposte “non pongono fine al trattamento preferenziale che Google riserva ai propri servizi”, il consorzio passa in rassegna i pareri degli osservatori corredando di immagini la propria insoddisfatta diffidenza e ripromettendosi di “studiare nei dettagli la proposta e offrire un’analisi empirica basata su test che ne misurino l’efficacia”. Pur con qualche incoraggiante pronostico da parte di esperti in materia, anche le osservazioni della società civile non sono rassicuranti per BigG: “In questo momento è cruciale assicurare una scelta chiara e non discriminatoria ai consumatori della UE e contemporaneamente sradicare l’attuale comportamento anticompetitivo in quello che è di fatto un mercato monopolistico – scrivono i consumatori del BEUC – La nostra reazione iniziale è quella di delusione, perché non ritentiamo che le proposte formulate oggi possano raggiungere questi obiettivi”.
Le proposte, ora rese pubbliche, verranno sezionate e messe alla prova per un mese : se si dovessero rivelare soddisfacenti per restituire dinamicità in un mercato del search ora dominato per oltre il 90 per cento da Google e in un mercato dell’advertising online che stenta a dispiegarsi in un regime di concorrenza, verranno rese legalmente vincolanti e il colosso di Mountain View verrà posto sotto osservazione per verificare che le metta in pratica. Qualora l’accordo non venisse raggiunto, la Commissione Europea continuerà la propria indagine come per le ordinarie procedure antitrust.
Gaia Bottà