Caustico e sarcastico al pari dei precedenti, Sicko , l’ultimo documentario di Michael Moore, si scaglia contro il sistema sanitario e l’industria farmaceutica americana, facendone emergere le logiche viziate. E Google che fa? Si propone quale braccio prezzolato per la contro-propaganda del sistema sanitario americano.
Il presupposto è chiaro: la Rete è un raccoglitore di informazioni riguardo alla Salute sempre più nutrito e consultato; secondo un’ indagine di Pew Internet & American Life Project l’ottanta per cento dei netizen americani ha utilizzato Internet per ottenere ragguagli in proposito. Ma la Rete è altresì un campo di battaglia periglioso per gli operatori della sanità: testimonianze e opinioni si scontrano in dibattiti, sollevati da documenti molto ben pubblicizzati come quello di Moore, già diffuso presso i circuiti del file sharing prima dell’uscita ufficiale. Documenti che, mettendo nero su bianco le esperienze di cittadini dalle coscienze rassegnate, attentano alla reputazione dell’establishment della sanità, e alle casse dei suoi opulenti attori.
Google sembra farsi interprete di questa tendenza al botta e risposta in Rete, e cavalca la cattiva pubblicità fornita da Moore al sistema sanitario americano, con un post comparso nel ” Google Health Advertising Blog “, uno spazio in cui BigG tenta di convincere gli operatori della sanità dell’efficacia della pubblicità online per promuovere i propri servizi.
Google strizza l’occhio a case farmaceutiche, assicurazioni, istituzioni sanitarie, nel mirino di Moore e delle polemiche che il film ha sollevato e solleverà. Lauren Turner, account di BigG per l’ambito sanitario, definisce il film come un motivo di preoccupazione. Il film di Moore, infatti, raffigura il sistema sanitario come “un’industria mossa semplicemente dal profitto e dal marketing, e trascura di mostrare come il sistema sanitario si preoccupi del benessere dei pazienti e della loro salute”. Un documentario che infierisce, contribuendo a bersagliare un’industria già dipinta a tinte fosche dalla stampa, che cavalca storie strappalacrime e snocciola numeri che tracciano profili poco indulgenti del settore.
Per difendere la loro reputazione, questo l’invito esplicito del post, gli operatori della sanità possono approfittare di Google per piazzare annunci di ogni tipo, strategicamente collocati fra i risultati a pagamento delle ricerche, o affiancati a contenuti rilevanti. Annunci taumaturgici, in cui l’industria può mostrarsi ai cittadini anche nei suoi aspetti filantropici e caritatevoli , sistematicamente ignorati dalla stampa, secondo BigG.
Quella comparsa nel blog ufficiale di Google è una ordinaria campagna di pubbliche relazioni o è una presa di posizione da parte dell’azienda? Google, contattata da ZDNet e da GeeksAreSexy , dichiara di non avere opinioni ufficiali da esternare riguardo al film di Moore. Se ne deduce che il post pubblicato da Lauren Turner sia un semplice tentativo di vendere spazi pubblicitari . Un invito all’acquisto che addita coloro che raffigurano la sanità come un’industria al servizio del denaro e, al contempo, sprona questa industria a convincere il mondo del contrario, costruendosi una reputazione investendo in pubblicità. Il post di Google ai più appare coerente nel contesto di un’advertising company, che, operando come mediatore, non intende schierarsi: ha intuito la crescente domanda di contraddittorio rispetto alle polemiche scatenate da Sicko, e si propone di offrire al sistema sanitario spazio e visibilità a pagamento .
È questa l’ennesima manifestazione del volto malvagio di Google? C’è chi , su Slashdot , si aspetta che BigG, in un imparziale desiderio di profitto, si rivolga anche alla controparte; nel mondo del marketing si arguisce che il dibattito scatenato dal post di Google abbia già contribuito a bilanciarne l’effetto, alimentando il successo di Sicko. Mentre altri già intravedono nella evilness di Google il bersaglio della prossima opera di Moore.
Gaia Bottà