A causa di un non meglio precisato intoppo che tra il 21 e il 25 novembre 2019 ha colpito il servizio Takeout per l’esportazione delle informazioni, i video privati caricati da alcuni utenti di Google Foto sono stati inviati ad altri. A renderlo noto è oggi il gruppo di Mountain View. Interessato lo 0,01% degli iscritti alla piattaforma.
Google Foto e privacy: grave problema con i video
Chi pensa che la percentuale sia trascurabile deve ricredersi: si tratta di circa 100.000 persone considerando che la user base ha superato il miliardo di unità nel luglio scorso. Un numero di certo non indifferente. Le ripercussioni sulla privacy non sono difficili da immaginare. Da bigG stanno giungendo le scuse a chi suo malgrado è rimasto coinvolto nel problema, ma attenzione: il messaggio non è indirizzato ai legittimi proprietari dei filmati finiti sui dispositivi e negli hard disk altrui, ma a coloro che affidandosi a Takeout li hanno involontariamente scaricati.
Se hai scaricato i tuoi dati, potrebbero essere incompleti e potrebbero contenere video che non ti appartengono. Il problema è stato risolto. Raccomandiamo di eseguire un’altra esportazione dei tuoi contenuti e di eliminare quelli scaricati in precedenza.
Whoa, what? @googlephotos? pic.twitter.com/2cZsABz1xb
— Jon Oberheide (@jonoberheide) February 4, 2020
Il problema riguarda solo i video, non le immagini. In un breve comunicato affidato alle pagine del sito 9to5Google, l’azienda si dichiara “profondamente dispiaciuta” per la vicenda. Dubitiamo sarà sufficiente ad archiviare la questione.
È lecito attendersi ulteriori chiarimenti in merito, considerata la gravità di quanto accaduto, anche in relazione ai rigidi paletti imposti da normative come il GDPR che regolano le modalità di conservazione dei contenuti sul cloud. Si tratta dei filmati registrati dagli utenti con gli smartphone durante la loro quotidianità e caricati sulla piattaforma per effettuarne il backup.
Aggiornamento (05/02/2020): sulla base di quanto riportato dal sito 9to5Google, il numero di account interessati dal problema sembra fortunatamente essere inferiore rispetto a quanto ipotizzato in un primo momento ovvero lo 0,01% degli iscritti al servizio che (presumibilmente solo tra il 21 e il 25 novembre) hanno effettuato l’esportazione dei loro dati attraverso Takeout.