Roma – Sta alzando molto rumore il rapporto che è stato presentato ad Harvard e che riguarda il più celebre tra i motori di ricerca, uno studio secondo il quale Google censura 113 siti.
Stando a Jonathan Zittrain e Benjamin Edelman, i siti sono “assenti” in particolare nelle versioni francese e tedesca di Google, cioè Google.fr e Google.de. Uno speciale software messo a punto per conto dei due ricercatori ha permesso di comparare i risultati di Google.com con quelli delle diverse edizioni localizzate del motore.
Si tratta in tutti i casi di siti i cui contenuti sono tanto controversi da aver spinto enti governativi, autorità di polizia ed altri soggetti a segnalarne a Google la presenza sulle proprie pagine. Ed è evidente che Google, per evitare possibili conseguenze legali, ha nei singoli casi preferito rimuovere i link.
Molti siti sono di ispirazione razzista, altri nascono dal fondamentalismo religioso ma in ogni caso, afferma Google, sono stati rimossi solo su segnalazione e solo dopo attenta analisi dei loro contenuti.
E mentre qualcuno polemizza sul fatto che Google dovrebbe rendere noto ai propri utenti quando applica una censura, che rischia altrimenti di rimanere “nascosta”, qualcun altro fa notare come la colpa non sia certo di Google ma sia negli ordinamenti giuridici che prevedono la possibilità di trascinare in tribunale un’azienda per la presenza di un link e niente più sulle proprie pagine. La fine del diritto di link è destinata a pesare sulle libertà digitali in misura sempre maggiore.