Un data-center, un’esposizione, un negozio: erano molte le ipotesi che si erano succedute lo scorso anno attorno alle chiatte in costruzione in almeno quattro porti degli Stati Uniti, e la cui realizzazione le indagini giornalistiche avevano attribuito a un misterioso progetto di Google. Si parlò di un avveniristica costruzione dedicata ai Google Glass, o di una rivoluzionaria farm semovente ripiena di server raffreddati con l’acqua del mare: la verità ora emerge da una serie di documenti riservati resi soltanto oggi pubblici, assieme alla notizia che le idee di Big G per uno showroom sull’acqua sono state messe in naftalina a causa del timore delle conseguenze di un possibile incendio a bordo .
Le chiatte di Google sarebbero dovute essere un’esposizione delle tecnologie e dei device realizzati a Mountain View, una sorta di museo dello stato dell’arte della ricerca e dei prodotti marchiati con la G che avrebbe dovuto aprire i battenti alla fine del 2013 o comunque entro l’inizio del 2014. I lavori erano addirittura iniziati due anni prima, nel 2011 , ma quando nel 2012 erano iniziate le procedure per ottenere le autorizzazioni necessarie all’apertura al pubblico erano sorte le prime difficoltà: la presenza a bordo di combustibile, nonché di tutto il materiale potenzialmente infiammabile legato all’allestimento dello showroom, aveva messo in allarme la Guardia Costiera che è l’ente designato alle valutazioni in materia.
A quel punto era iniziata una trattativa, con Google e le autorità in disaccordo anche sul numero di passeggeri che sarebbe dovuto transitare a bordo ogni giorno e contemporaneamente: 1.200 persone ogni 24 ore con massimo 150 sulla chiatta nello stesso istante , secondo Big G, mentre la Guardia Costiera non condivideva l’ottimismo riguardo la limitazione dei passeggeri visto che sarebbe mancato qualsiasi filtro al riguardo. Le perplessità sorte su questi aspetti di fatto hanno finito per bloccare la costruzione a settembre 2013, “arenando” la chiatta e il progetto di farne un innovativa esposizione. La situazione è andata per le lunghe anche a causa della richiesta di riservatezza avanzata da Google, che ha fatto firmare alla Guardia Costiera degli accordi NDA, circostanza che ha rallentato di molto le operazioni di valutazione e revisione del progetto per garantire la segretezza.
Il resto è ormai storia: a febbraio l’autorità portuale ha ordinato a Google di spostare l’opera incompiuta dal sito designato, e un’altra delle chiatte è stata smembrata e venduta quest’estate dopo l’ormai evidente fallimento dell’iniziativa.
Luca Annunziata