Google collabora, ma non si applica abbastanza per tutelare i diritti dell’industria francese della musica: per questo motivo SNEP ( Syndicat national de l’édition phonographique ) continua strenuamente a combattere contro i suggerimenti snocciolati da Google, che sobillerebbero le masse connesse inducendole a violare il diritto d’autore. SNEP ha ora ottenuto una nuova opportunità di discutere il caso: la Corte di Cassazione francese ha annullato le precedenti decisioni, favorevoli a Mountain View e alla sua disponibilità a collaborare con i detentori dei diritti senza riuscire a soddisfarli appieno.
Il contenzioso era stato aperto nel 2010: a due anni dall’avvio del servizio di suggerimenti di parole chiave tagliate su misura delle ricerche degli utenti, i fonografici francesi avevano riscontrato delle associazioni pericolose . Il nome di artisti e i titoli degli album troppo spesso venivano affiancati a chiavi di ricerca come “torrent”, “rapidshare”, “megaupload”: per SNEP, un chiaro invito ad approfittare di servizi utili ad appropriarsi illegalmente del sudato lavoro dei detentori dei diritti.
Due le sconfitte per i discografici, che chiedevano la completa rimozione deiie parole che indurrebbero in tentazione: prima ad opera del Tribunal de Grande Instance di Parigi, poi in appello . I giudici non avevano voluto accogliere le richieste dell’industria dei contenuti: i suggerimenti delle parole chiave non equivalgono ai download illegali e servirebbe comunque a poco smettere di suggerire parole chiave già perfettamente note a chi viola abitualmente il diritto d’autore. I servizi rappresentati dalle keyword di Google, spiegava poi la corte d’appello, si offrono come neutri, e vengono eventualmente sfruttati dai loro utenti per fini che violano la legge. Google era stata considerata estranea a queste dinamiche, poiché i suoi algoritmi si limitano ad interpretare le abitudini dei cittadini della rete, senza prendere posizione alcuna. E anche nel caso in cui l’utente decidesse di accogliere il consiglio automatizzato di Google, ciò non si converte necessariamente in una violazione della legge: al netizen resta il libero arbitrio per scegliere se approfittare o meno della musica condivisa illegalmente.
Poco importa che Google abbia nel frattempo innescato volontariamente un sempre più fitto sistema di filtraggio per i suggerimenti sgraditi all’industria: i detentori dei diritti, in Francia come nel resto del mondo , non sembrano essere paghi. SNEP, senza rassegnarsi ai precedenti gradi di giudizio, si era rivolta alla Cassazione. Che ha ora annullato le precedenti sentenze, aprendo la strada a un nuovo dibattimento.
Le motivazioni della decisione risiederebbero nell’ articolo L336-2 del Code de la propriété intellectuelle : anche se Google non si può considerare direttamente responsabile delle violazioni commesse dai cittadini della rete, i servizi suggeriti dall’autocompletamento di Google indurrebbero alle violazioni. Nel caso di una violazione di diritto d’autore e diritti connessi mediata da un soggetto terzo come Google, stabilisce la legge francese, il giudice, su richiesta del detentore dei diritti, può ordinare all’intermediario di agire con “tutte le misure adatte a prevenire o a far cessare la violazione”.
Ben vengano dunque i filtri con cui Google estromette dai suggerimenti le parole sgradite all’industria, spiega la Cassazione francese: anche se non sono risolutivi aiutano . Sarà la corte d’appello di Versailles ad affrontare nuovamente il caso per tentare di dirimere la controversia. Mentre la Grande G ribadisce la propria posizione sull’estraneità a suggerimenti e violazioni, SNEP si felicita per una decisione che sembra pendere a proprio favore, probabilmente auspicando di poter intervenire sul sistema di filtri offerto volontariamente da Mountain View. Che scongiura suggerimenti legati a noti cyberlocker e a sistemi di condivisione P2P, ma ancora riflette le più immediate delle esigenze degli utenti a caccia di musica condivisa.
Gaia Bottà