Google farà di chiunque gestisca un sito Web, di qualunque associato alla rete AdSense una sorta di potenziale broadcaster: BigG ha presentato un servizio che permette di rilanciare nel proprio spazio Web i contenuti video postati dagli utenti di YouTube , contenuti confezionati in un player personalizzato e “sponsorizzato” dagli inserzionisti . I guadagni pubblicitari? Divisi fra il publisher, il fornitore dei contenuti e, ovviamente, Google.
Video Units , questo il nome del servizio, si differenzia dai tradizionali video ad , lanciati da Google lo scorso anno. È piuttosto affine al servizio Gadget Ads , di recente introduzione , che consente ai publisher di realizzare una sorta di matrioska di contenuti , impacchettati l’uno nell’altro per generare revenue dalla pubblicità .
Così, cinicamente, si potrebbe delineare il meccanismo che i gestori di siti Web possono sfruttare grazie a Video Units: inserendo i video, possono trarre profitti dalla pubblicità veicolata dal player e possono altresì arricchire di contenuti attrattivi e contestuali lo spazio che gestiscono, nella prospettiva di aumentare il traffico e di conferire valore alla globalità dei messaggi pubblicitari che il sito contiene.
I publisher, per ora solo gestori statunitensi di siti in lingua inglese, hanno infatti voce in capitolo riguardo ai video da embeddare : sarà possibile scegliere (o escludere) determinati produttori di contenuti e categorie di video, o lasciare che sia Google ad abbinare il video alle parole chiave fornite per il sito. Potranno inoltre scegliere, come avviene per gli annunci testuali, formato e combinazioni di colori del player.
Secondo attore dell’ingranaggio, i produttori di video. Negli scorsi mesi si erano già tentati alcuni esperimenti di pubblicità veicolata da clip forniti da media company che operano su scala industriale. Ora però, riporta New York Times , Google ha deciso di ampliare il bacino dei produttori di contenuti: saranno coinvolti un centinaio di prolifici ed acclamati Tubers , quali la sedicente adolescente LonelyGirl15 , il produttore di tutorial Expert Village , Extreme Elements con i suoi clip di sport estremi, alcuni dei quali sono già partner di Google.
Nulla di eccessivamente nuovo sul fronte degli inserzionisti: resta valido il meccanismo delle aste AdSense per aggiudicarsi gli spazi del player dedicati alla pubblicità. Gli inserzionisti potranno innanzitutto godere di una doppia contestualizzazione , relativa al contenuto del sito e relativa all’oggetto del video. I loro messaggi compariranno nella parte superiore del player o in una sezione dedicata sovrapposta al clip, che gli utenti possono decidere di chiudere: una soluzione, osserva l’esperto Philipp Lenssen, inaspettatamente chiassosa e invasiva per i canoni di Google. Google, che sembra aver trovato un modo di delineare un fruttifero modello di business per YouTube, non ha rivelato dettagli in merito alla divisione dei profitti: pare che l’inserzionista paghi in base ad una combinazione del traffico che il publisher e il video riescono a garantire e in base ai click che l’annuncio riesce a guadagnare. Nulla di certo riguardo alla spartizione della torta fra publisher, produttore del video e BigG, per la sua opera di intermediazione: “la divisione sarà decisa caso per caso” ha comunicato a Variety il sibillino manager di AdSense Christian Oestlien.
Certo, molto è ancora da definire: se il modello dovesse funzionare, riporta AP , si aprirebbe la strada non solo alla diffusione di più numerosi contenuti homemade presenti su YouTube, ma anche di altri contenuti, quali videonews sponsorizzate.
Quella di BigG sarà una tattica di sicuro successo a parere di Emily Riley, di Jupiter Research : consultata da Reuters ha prospettato l’apprezzamento dei netizen , disposti a sottoporsi alla pubblicità, se veicolata da contenuti coinvolgenti e se non invadente come i pre-roll o interruttiva come le sovrapposizioni già sperimentate da Google.
Meno entusiasta il presidente di ScanScout , una startup che ora si trova a competere con Google Video Units: ha svelato a Variety che i video di valore, quelli che possono attrarre visite, valorizzare i siti dei publisher e veicolare pubblicità ben pagata sono quelli delle media company di successo, che fanno fruttare i video esclusivamente attraverso i loro servizi.
Sulle pagine di New York Times il CEO di Brightcove, azienda che opera nello stesso settore, si dimostra altrettanto cauto: “Si rischia di coinvolgere solo i piccoli publisher, i siti di medie e grandi dimensioni non desiderano ripubblicare contenuti altrui”. Per questo motivo si potrà contare solo sull’ospitalità dei gestori di siti con traffici poco significativi, generando così minori guadagni da spartire.
Ma Google sembra puntare piuttosto sulla quantità dei publisher, mantenendo un atteggiamento lungimirante e ottimista: la rete di AdSense è vastissima e il settore della pubblicità online a mezzo video, a parere di eMarketer , potrà contare su investimenti che, solo negli States, nel 2010 sfioreranno i tre miliardi di dollari.
Gaia Bottà