La cortina di segretezza che proteggeva il design del CED-container proprietario di Mountain View si è diradata nelle scorse ore, allorché Google ha presentato ufficialmente l’intelaiatura della propria infrastruttura hardware . Confermando quello che già si sapeva grazie a un brevetto registrato di datacenter mobile , BigG ha svelato la natura modulare e preconfezionata dei blocchi costituenti della sua coscienza di rete .
I rack marchiati Google sono effettivamente imbrigliati in una struttura-container custom sin dal lontano 2005. In un in singolo container BigG ha stoccato qualcosa come 1.160 diversi server , tenuti “sospesi” a partire dal soffitto della struttura e mantenuti a temperatura ottimale con un flusso di acqua fredda che scorre sul pavimento rialzato, per poi passare attraverso i server stessi.
Il primo CED di Mountain View – noto piuttosto prevedibilmente come “Data Center A” – di questi container ne contiene (…) 45, che in totale farebbero (1.160×45) 52.200 server. In un solo data center. “L’acqua è stata una grande preoccupazione”, confessa il capo delle operazioni per i CED di Google Urs Holzle, perché “non puoi mai sapere come questi accoppiamenti (sul livello dell’acqua) funzionino dal vivo. Alla fine è uscito fuori che funzionano piuttosto bene”.
La capacità di Data Center A si misura in 10 Megawatt e l’indice di Power Usage Effectiveness ( PUE ) della struttura è 1,25, il che significa che il CED di Google è in grado di sfruttare la quasi totalità dell’energia elettrica che arriva alla struttura per l’alimentazione delle macchine . Dove si trovi Data Center A non è dato saperlo, e le speculazioni parlano di qualche angolo non meglio identificato della città di The Dalles, in Oregon.
A mancare ancora di conferme è l’altra diceria sui data center della Grande G, quella che ne vorrebbe qualcuno in giro per i sette mari lontano dalle terre emerse. In questo caso Mountain View vuol tenere ancora la bocca cucita, rivelando altresì che il design di un server tipo prevede la presenza di una unità UPS di backup , capace di alimentare il sistema anche nel caso in cui, giusto per fare un esempio, un attacco termonucleare spazzasse via la fonte energetica più vicina.
Alfonso Maruccia