La Federal Trade Commission (FTC) ha investigato per più di un anno sulle pratiche commerciali messe in atto da Google nel settore dei motori di ricerca, non arrivando tuttavia ad aprire un contenzioso in via ufficiale. A riferire la quetione dell’eventuale turbativa portata sul mercato dalla posizione dominante di Google nel settore del search è stato il Wall Street Journal , arrivato a mettere le mani su alcuni documenti dell’FTC che testimoniano una corposa investigazione risalente al 2012.
Secondo gli esperti della FCT l’agenzia avrebbe dovuto approfondire la questione dell’abuso di posizione dominante di Mountain View nel settore dei motori di ricerca con particolare attenzione al fatto che tra i risultati offerti favorisse i suoi prodotti, siti e servizi : il nodo è insomma lo stesso che ha finito per convincere le autorità antitrust europee ad aprire una causa nei confronti di Google.
Ci sarebbe poi dell’altro: secondo il rapporto dell’FTC pubblicato dal WSJ , Mountain View avrebbe minacciato di rimuovere completamente dai propri risultati quei siti con contenuti di interesse per il pubblico, come TripAdvisor ed Amazon; inoltre avrebbe fatto pressione sui suoi inserzionisti per non sfruttare anche su altri canali i contenuti usati per la pubblicità sulla sua piattaforma, e con questo ed altri metodi avrebbe ostacolato la collaborazione di siti con altri motori di ricerca.
Nonostante queste accuse, la questione si è alla fine risolta con un nulla di fatto e con una sola e generica dichiarazione di intenti di collaborazione da parte di Google.
Tuttavia sembrano restare all’interno dell’FTC posizioni discordanti che vorrebbero un intervento più duro nei confronti di Google.
A spingere per l’intervento dell’autorità, poi, anche i diretti concorrenti come Yahoo! e l’ accanita Yelp. Quest’ultima, in particolare, è intervenuta attraverso il suo vicepresidente Luther Lowe e ha accusato l’FTC “di non aver seguito le raccomandazioni segnalate con quel rapporto dagli agenti di fatto dando luce verde ai comportamenti anti-concorrenziali negli Stati Uniti”.
Claudio Tamburrino