Google ha tolto il velo: tutti i netizen possono avventarsi su Knol , tutti possono sfoderare le proprie conoscenze, inscatolarle in una knowledge unit e metterle a disposizione dei cittadini della rete e degli inserzionisti. Non è un’enciclopedia, è un insieme frammentato di monografie: ciascuno può ritagliarsi uno spazio attorno al quale addensare il proprio sapere.
La beta privata è durata qualche mese: quella che in molti avevano definito come un’alternativa a Wikipedia era stata annunciata a dicembre . Ad aver suscitato l’interesse degli osservatori più attenti non erano stati gli elementi di Knol che si sovrappongono a Wikipedia ma quelli che se ne discostano. C’era chi segnalava come ogni voce, indissolubilmente legata al nome di un autore, avrebbe potuto contenere materiale affidabile. C’era chi sottolineava come questa gestione personale delle unità di conoscenza recasse con sé la possibilità di monetizzare il proprio sapere instillando nella pagina dei comunicati pubblicitari iniettati a mezzo AdSense. C’era chi si chiedeva come si potessero dirimere le controversie in spazi personali sotto la responsabilità di un autore non necessariamente imparziale.
Con l’apertura al pubblico di Knol, qualche dettaglio in più è emerso per alimentare il dibattito sul futuro del servizio: Knol non è tanto paragonabile a Wikipedia ma, come osservano in molti , è piuttosto da confrontare con un servizi come Mahalo , Squidoo , o con dei semplici spazi web da farcire di pubblicità.
A delineare le peculiarità di Knol sono Cedric Duponte e Michael McNally, responsabili di Google per il servizio, confermano che ogni articolo è legato ad un autore o ad un gruppo di autori registrati e a cui è data la possibilità di verificare la propria identità : “È il loro knol, la loro voce, la loro opinione”. I knol, le unità di conoscenza, sono parziali e autocelebrativi, schierati e poco precisi : l’autore se ne assume la paternità e la responsabilità, deve affrontare i commenti e le recensioni che ciascun netizen può postare affinché gravitino attorno alla voce e la descrivano.
Knol, a differenza di Wikipedia, non ha l’obiettivo di intessere una rete di conoscenza e di affinare questo common attraverso modifiche certosine e la vigilanza fra pari: le nozioni e le opinioni veicolate da Mountain View sono scatole a sé; i peer non possono creare scompigli , vandalizzare le voci o migliorarle senza l’autorizzazione dell’autore dell’articolo. Sarà lui a scegliere la modalità con cui i netizen possono operare sull’articolo, segnalata accanto a ciascun knol: può autorizzare o respingere a priori le modifiche , può approfittare del sistema di “moderazione collaborativa” e prendere visione delle aggiunte proposte, accettarle in parte o cassarle nella loro totalità.
E se ci fossero dei netizen che decidessero di inscatolare nel proprio knol contenuti offensivi, troppo espliciti, decisamente inappropriati? Google risponde : Knol non è un’enciclopedia, e “per sua stessa natura, un knol può includere materiale offensivo, dannoso, inaccurato o inappropriato”. Non possono però trovare spazio contenuti pornografici o inneggianti alla violenza, verranno tollerati quegli articoli nei quali verrà opportunamente segnalata la presenza di materiale che, ospitato in maniera giustificata, possa offendere la sensibilità di qualcuno.
Ciascuno degli autori, oltre a poter infarcire un knol del materiale che più ritiene appropriato, potrà vantare sui contenuti i diritti che considera opportuni : Google offre la possibilità di riservare ogni diritto o di approfittare di licenze come le Creative Commons, che possano incoraggiare la circolazione della cultura che il netizen pubblica online. Fatta eccezione per il materiali messi a disposizione da partner di Google come ha fatto il New Yorker per le sue vignette, il materiale che compone un knol deve essere autorizzato dal legittimo detentore dei diritti: Google non controllerà che le regole vengano rispettate, ma si riserverà di accogliere le segnalazioni e le richieste di rimozione inoltrate da coloro che rivendicassero i diritti su stralci di contenuti utilizzati senza autorizzazione.
La possibilità di convertire in denaro la propria esperienza , la propria conoscenza, le proprie opinioni, potrebbe essere la molla che innescherà la voglia di partecipare dei netizen. Gli utenti AdSense potranno scegliere di visualizzare annunci pubblicitari accanto ai contenuti postati, a patto che la pagina non abbia l’unico scopo di rastrellare spiccioli con annunci contestualizzati rispetto a scatole vuote, a pagine desolate: gli inserzionisti reclamano target mirati o pubblici ampi. Fatta eccezione per alcuni paesi, fra cui Corea del Nord, Cuba, Iran, Myanmar, Siria e Sudan, gli utenti potranno scegliere di dare voce a knol completamente focalizzati su un prodotto: si potranno promuovere le proprie attività e i propri prodotti, a patto che l’unico intento della pagina non sia quello di redirezionare verso altre pagine, sulle quali, peraltro, non si riflette l’eventuale popolarità del knol nelle quali vengono linkate.
Gli articoli che ora popolano Knol, frutto di sette mesi di beta privata, sono soprattutto di carattere medico: potrebbero rappresentare una base di autorevolezza per il servizio. Ora che Knol è nelle mani di tutti, c’è chi suggerisce che il meccanismo retributivo previsto da Google possa spingere gli utenti in cerca di guadagno a produrre articoli mainstream, che possano raccogliere l’interesse di ampi pubblici. Ma non sono solo i netizen a guadagnare: c’è chi suggersice che Google possa favorire nei risultati di ricerca gli articoli di Knol, per direzionare il traffico degli utenti verso pagine in cui vengono ospitati gli annunci dai quali Google trae guadagno. Da Mountain View assicurano che non ci saranno favoritismi : le scatole di conoscenza competeranno alla pari con gli altri risultati. Spetterà ai rispettivi autori farsi valere.
Gaia Bottà